Pilastri aggrappati al cielo che sembrano tentacoli fuorusciti dalle viscere di madre terra. Spesso sono carcasse di cemento appoggiate su angoli di paradiso, spicchi orribili di mondo che sarebbero dovuti diventare il sollazzo di pochi rovinando la vista di tutti.

Gli ecomostri che tempestano la Sicilia sono figli perlopiù degli anni 70-80, anni in cui si poteva fare praticamente di tutto, in cui il cemento aveva il passo breve sulla natura che aveva resistito per millenni.

E’ figlio di quel periodo anche il manufatto che sfregia la Timpa nel territorio di Acireale, una straordinaria mostruosità che oggi, dopo 41 anni, verrà finalmente abbattuta.

La collezione degli ecomostri non risparmia le zone più suggestive della Sicilia e ad onor del vero la sensibilità dell’uomo che intende recuperare il territorio comincia ad avere effetti cicatrizzanti su aree martoriate. Si pensi alle azioni condotte riparatrici all’oasi del Simeto, in provincia di Catania, o alle demolizioni alle pendici dell’Etna che vengono effettuate sotto l’occhio vigile degli uomini del Corpo Forestale.

Tuttavia, per arrivare all’abbattimento di un ecomostro, bisogna attendere un iter piuttosto lungo e sperare che non spunti un condono edilizio che ponga al riparo i manufatti dai caterpillar.

Ecco perché rimangono ben visibili certi orrori come lo scheletro del palazzo che sovrasta la foce del fiume San Leonardo o chissà quanti altri sparpagliati in molte zone della Sicilia.

Oggi, però, la Timpa di Acireale si riappropria della bellezza e la collezione degli ecomostri perde un pezzo classificato nella ‘speciale’ top five del dossier “Mare Monstrum” di Legambiente.

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