Per le politiche si voterà nel 2018. Matteo Renzi è stato chiarissimo durante l’incontro della Versiliana, specificando che nemmeno l’eventuale risultato negativo al referendum costituzionale del prossimo autunno potrà stravolgere il percorso che ha tracciato.

Prima della scadenza naturale del mandato e dopo il voto sulle riforme, il premier dovrà comunque tenere conto di quanto succederà in Sicilia dove nel 2017 sarà rinnovata l’Ars. La questione entrerà nel vivo prestissimo, probabilmente già dalla prossima settimana quando a Catania si raduneranno i big del Pd, Renzi per primo, per partecipare alla festa nazionale dell’Unità.

Davanti a sé il premier-segretario troverà, più che in altre regioni, una pattuglia ben nutrita di sostenitori del Sì: in Sicilia il Pd, infatti, appare diviso su tante cose (a Catania è praticamente lacerato), ma sul voto favorevole al quesito referendario c’è la convergenza di parecchi.

Il problema per Renzi sarà il dopo quando bisognerà determinare le scelte per la scadenza siciliana del 2017. Se dovesse vincere il Sì, e magari la Sicilia porterà un buon numero di voti,  si assisterà fra i maggiorenti isolani democratici alla corsa per rivendicare il risultato presso il segretario-premier. E’ si ritornerà al punto di partenza, cioè oggi.

Se invece il fronte del No dovesse avere la meglio, nonostante la rassicurazioni sulla scadenza naturale della legislatura ribadita ieri dal premier, la questione si complicherebbe su tutta la scala e la prima area ad esserne scossa sarebbe proprio la Sicilia visto che è chiamata alle urne con un anno di anticipo.

Il Pd renziano, in pratica, se davvero la riforma non dovesse passare dovrebbe riorganizzare la ripartenza verso le Politiche (ed il Renzi Bis) partendo dall’Isola con la speranza che le prime idee contenuti nel Patto per il Sud diventino progetti e che questi si trasformino in mattoni.