Maxi sequestro di beni al clan di Adrano nel catanese, legato alla famiglia Laudani del capoluogo. La vasta operazione, frutto di lunghe indagini eseguite dagli specialisti dei baschi verdi, è scattata all’alba.

L’operazione

Militari della Guardia di finanza stanno sequestrando in diverse province di Sicilia, Lazio, Lombardia e Veneto beni per 98 milioni nei confronti di due imprenditori ritenuti contigui al clan mafioso Scalisi di Adrano, articolazione locale della ‘famiglia’ Laudani di Catania. Il provvedimento, emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale etneo su richiesta dello locale Dda, è in corso di esecuzione da parte di 50 finanzieri di Catania e dello Scico di Roma, con l’ausilio dei comandi provinciali di Mantova, Milano, Monza, Roma e Verona.

Chi è il destinatario del sequestro

Il patrimonio sequestrato è riconducibile ad Antonio Siverino, detto “U miliardariu”, e al figlio Francesco, imprenditori ritenuti “socialmente pericolosi” in quanto contigui al clan Scalisi di Adrano (Ct), articolazione locale della famiglia mafiosa Laudani. L’indagine di prevenzione si collega alle operazioni “Follow the money” e “Black blend”, condotte dalla Gdf di Catania. Nell’ambito della prima, Antonio e Francesco Siverino, già arrestati nel 2021, sono stati rinviati a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa: avrebbero sistematicamente favorito il clan Scalisi e il suo esponente di spicco Giuseppe Scarvaglieri fornendo un contributo stabile e protratto nel tempo all’organizzazione mafiosa, ricevendo in cambio protezione e agevolazione nell’espansione delle proprie attività. I Siverino, che inizialmente si occupavano della logistica e dei trasporti nella zona di Adrano, avrebbero progressivamente esteso le loro illecite attività in altre aree del territorio nazionale, diversificandole verso il settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi, diversificazione che sarebbe confermata dall’operazione Black blend, nella quale le Fiamme gialle avrebbero scoperto un gruppo che faceva arrivare in Italia ingenti quantitativi di prodotti energetici provenienti da Austria, Germania, Repubblica Ceca, Romania e Slovenia, formalmente indirizzati a due depositi in provincia di Verona e Catania, ma di fatto destinati ad altri siti etnei di stoccaggio gestiti dagli indagati.

Prezzi competitivi grazie all’evasione fiscale

La competitività dei prezzi praticati sarebbe stata assicurata dall’evasione, per decine di milioni di euro, delle imposte dovute sui prodotti energetici. Il patrimonio sequestrato consiste in quote sociali e relativi compendi aziendali di attività commerciali in Italia e una di diritto estero (a Villach, in Austria, operanti nel settore della logistica e dei trasporti, della commercializzazione dei prodotti petroliferi e immobiliare. E ancora: 70 immobili, denaro contante per 1,7 mln di euro, gioielli e preziosi per oltre 250mila euro, rapporti bancari e finanziari, personali e societari per 16 milioni. Il tutto ammonterebbe a un valore di circa 98 milioni di euro.

 

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