Arrivano le prime condanne per il naufragio del 18 aprile 2015 al largo della Libia in cui morirono circa 750 migranti.

Il ‘capitano’ del natante, il tunisino Mohamed Alì di 27 anni, è stato condannato a 18 anni di reclusione e il ‘mozzo’ siriano Mahmud Bikhit, di 25 a cinque anni di reclusione.  Il giudice ha disposto sanzioni pecuniarie per quasi 10 milioni di euro.

Sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e al ‘capitano’ sono contestati anche l’omicidio colposo plurimo e il naufragio.

Secondo la Procura di Catania il naufragio “fu determinato da una serie di concause, tra cui il sovraffollamento dell’imbarcazione e le errate manovre compiute dal ‘comandante’ Malek, che portarono il peschereccio a collidere col mercantile ‘King Jacob’, intervenuto per soccorre i migranti”.

Oggi, in aula, il ‘capitano’ dell’imbarcazione aveva reso dichiarazioni spontanee. “Sono stato due anni e mezzo in Italia e ho un figlio piccolo da un’italiana: la voglio sposare e riconoscere il bambino. E’ la verità. L’ho sempre detto, così come ho subito fatto il mio nome e che ero un passeggero”.

Soltanto 28 furono le persone sopravvissute. Due di loro, ai tempi dei fatti minorenni, si sono costituite parte civile.

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