La donna, in primo grado, è stata condannata, il 17 ottobre del 2016, a 30 anni di reclusione dal Gup di Ragusa per l’omicidio del figlio e per l’occultamento del cadavere.
“In ogni caso, ha sottolineato l’avvocato Villardita, “se c’è una compartecipazione a qualunque titolo al fatto potrebbe inquadrarsi sotto il profilo di un concorso anomalo e non di un concorso pieno”. “In via assolutamente subordinata – ha osservato il legale – riteniamo che il comportamento della Panarello, qualunque sia stato, è affetto da un disturbo di personalità. E anche il tratto di personalità disarmonica ha influito nel determinare gli eventi. E queste patologie, in ultime analisi, non possono non fare concedere le attenuanti generiche per come sono state richieste”.
“La sentenza di primo grado – ha ricordato il penalista – è stata costruita sulle cosiddette ‘bugie della Panarello’, ma noi abbiamo detto e ribadito più volte che anche se si fosse trattato di bugie, queste farebbero parte di un percorso motivazionale per arrivare ad una ‘confessione’ di un fatto per come rappresentato e narrato dalla Panarello durante il giudice di primo grado”.
Anche oggi Veronica Panarello era presente in aula e il suo legale ha confermato che non ha
rilasciato dichiarazioni.
Il delitto avvenne nella loro casa di Santa Croce Camerina il 29 novembre del 2014, con il ragazzino strangolato con fascette di plastica. Secondo le previsioni dei legali della difesa, Francesco Villardita, e delle parti civili, Daniele Scrofani e Francesco Biazzo, la prossima udienza del 5 luglio dovrebbe essere l’ultima con la Corte che si ritirerà in camera di consiglio per la sentenza.
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