Protesta la notte scorsa nel carcere di piazza Lanza a Catania: circa 80 detenuti hanno urlato, fatto rumore e appiccato il fuoco a lenzuola, con le fiamme che si vedevano dall’esterno di una finestra del secondo piano della struttura.
La contestazione, iniziata poco prima di mezzanotte, legata alle restrizioni imposte per il contenimento del Covid-19, è durata alcune ore ed è rientrata dopo una ‘mediazione’ con la direzione e il capo della polizia penitenziaria dell’istituto.
All’esterno del carcere, per precauzione, sono stati schierati polizia e carabinieri e bloccate le strade di accesso.
Sulla vicenda è intervenuto il comitato Reddito-casa-lavoro che afferma di avere registrato il grido d’allarme lanciato da un detenuto “non siamo animali, abbiamo bisogno di cure, stiamo morendo…”.
“Il rischio di contagio nelle carceri – aggiunge il comitato – in questo momento è altissimo per via del sovraffollamento e condizioni igienico-sanitarie precarie. Il governo non può continuare a minimizzare, le conseguenze potrebbero essere irreversibili. La salute e la sicurezza devono venire prima di tutto, nei penitenziari così come all’esterno delle carceri. Il governo – chiosa la nota – deve redigere subito un decreto di amnistia o trasformare in domiciliari le pene i reati minori”.
Nei giorni scorsi, analoghe proteste si erano verificate a Palermo, nelle case di reclusione Pagliarelli e Ucciardone – dove erano stati registrati dei tentativi di evasione – , e nei penitenziari di Trapani, dove i detenuti erano saliti sul tetto della struttura e di Siracusa.
“Intorno alle 22 : 30, i ristretti hanno scardinato le porte delle celle, al primo e al secondo piano della sezione Simeto ; sono anche usciti fuori e hanno provocato alcuni danni alla struttura, in particolare ai blindati delle celle – racconta l’esponente sindacale – ma il peggio è stato scongiurato dalla fermezza dell’intervento del comandante Francesco Salemi che, insieme gli agenti disponibili, ha persuaso i detenuti in stato di agitazione ad abbandonare ogni tentativo di sommossa” spiega Armando Algozzino commissario nazionale della Uil Pubblica Amministrazione Polizia Penitenziaria.
“Ci sono volute delle ore – precisa –per placare la rivolta : solo verso le 2:30 del mattino i detenuti hanno smesso di protestare violentemente ”.
Questi ultimi, come riferisce il sindacalista, hanno inoltre utilizzato skype e chiamato i familiari fino a tarda sera: anche in questo caso, la Polizia Penitenziaria ha fronteggiato con ogni mezzo le esigenze subentrate a seguito del Coronavirus.
Momenti difficili e, come sottolinea Algozzino, la situazione non è degenerata anche grazie all’azione veloce del personale chiamato da casa e prontamente accorso: si è verificato , inoltre, un principio di incendio in una cella dove un detenuto ha bruciato le lenzuola ma, precisa, “occorre smentire con decisione che vi sia stato alcun intervento da parte della Polizia di Stato e dei Carabinieri : è stata la Polizia Penitenziaria, con le proprie forze, a riportare la calma tra i carcerati, benché la situazione rimanga critica, a Catania come altrove”.
“L’Amministrazione Penitenziaria è una realtà complessa e difficile – aggiunge – perché gestisce e custodisce vite umane, non semplici documenti”.
“La Casa Circondariale – precisa l’esponente sindacale – annovera 325 detenuti e vi sono 231 agenti in servizio a fronte di un organico previsto di 347 unità : si tratta di una struttura che la UilPa Polizia Penitenziaria ha sempre posto al centro dell’attenzione e per la quale ha sollecitato svariati interventi per via delle condizioni di lavoro disumane alle quali sono sottoposti i poliziotti, costretti a coprire tre posti di servizio a causa della cronica assenza di personale” .
“In questo momento storico, la parola d’ordine è sanificazione, indispensabile per contrastare la proliferazione del Coronavirus – chiarisce Algozzino – e, pertanto, non vi è alcuno spazio per le rivendicazioni scomposte dei detenuti: alcuni di loro, purtroppo, sono persino morti durante le rivolte e pertanto, in considerazione dell’emergenza in corso, si chiede anche ai ristretti di utilizzare il buon senso e comprendere che nulla possono ottenere con la violenza”.
“È lo Stato, semmai, che deve prendere in considerazione le istanze dei detenuti – conclude – attraverso il loro Garante: esiste un potere legislativo che può farsi interprete delle esigenze della popolazione ristretta, ma occorre ricordare che, negli ambienti carcerari, è la Polizia Penitenziaria che rappresenta lo Stato stesso”.
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