Si inaugura oggi alle 17,00 a Catania l’Istituto “Francesco Ventorino”, nel plesso che fino ad alcuni anni fa fu occupato dall’Istituto San Filippo Neri, gestito dai salesiani. Si tratta dell’attività scolastica svolta finora dall’Istituto Sant’Orsola di Via Macallè, che proseguirà in locali più ampi e funzionali, interamente ristrutturati negli ultimi mesi.
Numerose le autorità inviate per l’occasione, ma un nome colpisce più degli altri, quello di don Julián Carrón, successore di don Luigi Giussani e attuale responsabile di Comunione e Liberazione.
Chiediamo innanzitutto all’avv. Michele Scacciante, nella sua qualità di Presidente della Fondazione Sant’Orsola, che gestisce la scuola, il perché di questa presenza. Si sta per aprire una scuola di Comunione e Liberazione?
Non proprio, nel senso che questo progetto è nato da un gruppo di genitori, insegnanti e professionisti appartenenti a CL, ma subito è stato condiviso da tanti altri che credono che formazione e istruzione siano la prima risorsa per lo sviluppo della persona e del territorio. La stragrande maggioranza delle famiglie che scelgono la nostra scuola non fa l’esperienza di CL.
Perché la scuola è intitolata a don Francesco Ventorino?
Con don Francesco Ventorino è iniziata l’avventura che ci ha condotto alla costituzione della Fondazione Sant’Orsola. Don Ciccio, come lo chiamavamo tutti, ci ha educato nell’esperienza della fede che allarga la ragione e fa vivere con gusto ogni dimensione della vita, dallo studio al gioco, dall’arte allo sport. Ha iniziato a fare scuola con noi, quando abbiamo rilevato il Sant’Orsola ed è sempre stato presente nell’attività culturale della scuola.
Oggi si porta a compimento un percorso iniziato ben 40 anni fa con l’apertura di un asilo. Quali sono state le tappe più importanti e decisive in questo percorso?
Se dobbiamo dare qualche numero direi il 1978, anno in cui alcune famiglie di Cl riunite in cooperativa fondano l’asilo Giona; il 2000 che è l’anno in cui è iniziata la collaborazione con la Congregazione delle Suore orsoline della Sacra famiglia: l’allora cooperativa ha rilevato il Sant’Orsola presente a Catania fin dagli anni ’40, raccogliendo e ravvivando la sua prestigiosa tradizione culturale. Infine il 2011, anno in cui è stata costituita la Fondazione allargando ulteriormente la base partecipativa.
Quali sono i numeri più significativi della struttura?
Il nuovo Istituto si estende su una superficie complessiva di 14.500 mq di cui quasi 9.000 coperti. Oltre alle aule per la scuola dell’infanzia (con sezioni in italiano e in lingua inglese), per quella primaria e per la secondaria di primo grado, vi sono tanti spazi per i laboratori di scienze, d’informatica, di arte e di musica (tre aule dove gli alunni della primaria imparano a suonare, viola, violino e violoncello). Infine, l’Istituto è dotato di un teatro di 340 posti, di una grande Chiesa, di una palestra regolamentare per basket e volley, di un campo di calcio a 11, di due campi polivalenti in erba sintetica oltre che di un vasto cortile e una bambinopoli attrezzata.
E gli obiettivi educativi che intende perseguire?
Un passaggio del libro Il rischio educativo di Luigi Giussani ci sta particolarmente a cuore: “Introduzione alla realtà, ecco cos’è l’educazione”, per cui il primo vero grande obiettivo è accompagnare gli alunni nel loro cammino di crescita, conducendoli nell’avventura dello studio come scoperta della realtà che provoca a chiedersi il perché di tutto quello che accade e che l’uomo ha vissuto e vive.
Ma in base alla vostra esperienza c’è ancora spazio in Italia per una scuola pubblica non statale, con una precisa identità cattolica?
Purtroppo in Italia le scuole paritarie sono in netto calo. E la Sicilia non fa differenza, anzi è la Regione con più chiusure di scuole paritarie, soprattutto quelle gestite da ordini religiosi. La legge 62/2000 sulla parità scolastica ha introdotto soprattutto una serie di doveri a cui le scuole pubbliche non statali devono attenersi. Di contro i diritti sono di principio e non esiste una vera parità fra scuola pubblica non statale e quella statale. Nonostante questo quadro non proprio bello, nel nostro sistema scolastico c’è ancora spazio per esperienze educative che da una parte sanno intercettare i bisogni dei tempi che cambiano, senza però snaturare la proposta di un progetto educativo fondato sulla persona e sull’apertura alla realtà.
È più difficile cambiare la legislazione o la mentalità degli italiani in merito?
Purtroppo in Italia viviamo in un sistema statalista, così come statalista è la mentalità della stragrande maggioranza degli italiani, secondo cui l’educazione è un problema dello Stato, che deve fornire questo servizio. Noi diciamo, invece, che l’educazione è innanzitutto compito della famiglia, che deve poter scegliere, senza oneri ulteriori rispetto alle tasse che già paga, da chi farsi aiutare nel suo compito educativo. Invece, chi sceglie la scuola non statale paga due volte: una prima volta le tasse affinché lo Stato predisponga il servizio scuola e una seconda volta per poter far frequentare ai propri figli la scuola paritaria.
Gli utenti di questa scuola saranno certamente famiglie che potranno permettersi una retta di un certo livello. Riuscite anche a venire incontro alle famiglie meno abbienti?
Per far fronte alla disparità e alla diseguaglianza di cui si parlava prima, alcuni genitori della nostra scuola hanno fondato un’associazione che si chiama “Semedimela”, che ha il compito di raccogliere fondi per borse di studio a favore di chi non riesce a pagare pienamente le rette, che comunque rispetto alle altre scuole paritarie del territorio sono fra le più basse. Purtroppo non esistono sussidi a favore delle famiglie meno abbienti. Una volta esisteva il Buono scuola regionale, ma ormai da diversi anni non è più finanziato. Secondo la Regione ci sono urgenze maggiori rispetto a quella dell’educazione.
Come intende aprirsi ai bisogni del quartiere e della città?
Nel progetto dell’Istituto Francesco Ventorino, che quanto prima diventerà Fondazione Francesco Ventorino, non c’è solo scuola. Il progetto prevede che questa scuola diventi anche un centro culturale di rilievo regionale, sfruttando le importanti strutture di cui dispone. Inoltre, ne abbiamo già parlato con il parroco del quartiere in cui insiste l’Istituto, il cortile e le strutture sportive sono a disposizione della parrocchia per i propri ragazzi e giovani. Ma questo vale per tutti coloro che vogliono fare aggregazione: la nostra struttura è aperta a quanti vogliono incontrarsi e cercano magari un luogo dove si può ottenere tanto: dallo sport, al cinema, al teatro, alle attività ricreative.
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