l'occupazione va avanti

Teatro Stabile i numeri della crisi:| “Disavanzo da sette milioni di euro”

Oltre tre ore di confronto, ma è stato un passaggio interlocutorio perché la situazione del Teatro Stabile di Catania è complessa. Così l’occupazione continua e le attività dell’istituzione culturale rimangono ferme.

Davanti al prefetto Maria Guia Federico sono stati presentati i report economici redatti dai vertici del teatro e dai dipendenti del settore amministrativo che hanno lavorato in modo ‘volontario’, cioè senza percepire alcun compenso.

Il dato emerso è critico: circa 7 milioni disavanzo di cui un milione e seicentomila nel 2015, “ma di una bozza indicativa e non definitiva”, spiega Torrisi.

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“Abbiamo definito con il prefetto, il sindaco e l’assessore regionale Barbagallo quali sono le procedure più rapide per arrivare intanto al saldo 2015 e pagare i primi arretrati – dice il vice presidente -. I soci hanno preso coscienza dell’emergenza e il primo punto all’ordine del giorno è quello di pagare gli stipendi e di pagarli subito”.

La prima soluzione ‘pratica’ è quella dell’erogazione di fondi regionali da destinare al debito contratto con l’Inps, che verrà rateizzato, per arrivato ad uno sblocco del Durc senza subire ulteriori pignoramenti.

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Il Comune, rappresentato dal sindaco Enzo Bianco, ha ipotizzato il versamento in un’unica soluzione della quota societaria per il 2016 (circa 100mila euro), mentre per i fondi immaginati dalla ex provincia bisognerà attendere il prossimo luglio perché l’ente intermedio, come è noto, fa i conti con le lungaggini burocratiche scaturite dalla riforma regionale di riordino.

“Martedì prossimo – dice ancora Torrisi – approveremo il bilancio concordato con i soci così sarà possibile sbloccare anche i fondi 2016”.

I lavoratori, però, vogliono vederci chiaro e dopo una lunga assemblea hanno stabilito di volere proseguire la protesta. Ciò che emerge da più fronti, infatti, è la necessità di operare una grande azione di rilancio e di ristrutturazione dell’Ente.

Addirittura una sorta di ripensamento dello Stabile in modo da renderlo compatibile con i fondi sempre più risicati messi a disposizione per fare cultura in Italia.

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