Agli infermieri deve essere riconosciuto il tempo materiale per eseguire il cambio camice. Questo lasso di tempo deve rientrare nel tempo di lavoro. Lo ha deciso il giudice del Tribunale di Catania dopo che ha accolto l’istanza presentata da alcuni infermieri dell’ospedale Cannizzaro di Catania. I dipendenti erano sostenuti dal Nurdind Catania.
Gli infermieri hanno vinto dunque il ricorso contro l’azienda ospedaliera Cannizzaro per i il riconoscimento del tempo legato al cambio del camice. Il giudice del Tribunale di Catania, II sezione civile-lavoro, Giuseppe Giovanni Di Benedetto, ha accolto l’istanza di una settantina di dipendenti, sostenuti dal sindacato, e ha riconosciuto a ogni infermiere il diritto a ricevere il pagamento di 10 minuti di lavoro per ogni giorno di servizio a partire dal 23 gennaio 2010.
Toccherà adesso all’azienda quantificare l’importo sulla base del contratto collettivo. Salvo Vaccaro, segretario territoriale Nursind Catania e vicesegretario nazionale, spiega che “questa è la dimostrazione che le battaglie, condotte con tenacia e lungimiranza portano alla costruzione dei diritti dei lavoratori. Ringraziamo tutti i colleghi che continuano a sostenerci. A loro diciamo di essere sempre orgogliosi di fare il proprio lavoro e di non svendere i mai i propri diritti”.
Secondo il giudice il “lavoro effettivo deve essere inteso come sinonimo di prestazione lavorativa, comprendendovi anche i periodi di mera attesa”. Inoltre per “orario di lavoro si intende qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”. Dunque, secondo il tribunale, “l’atto di indossare la divisa, in quanto antecedente all’inizio della prestazione lavorativa e funzionale alla sua corretta esecuzione, deve essere inquadrato non tra le pause lavorative, bensì tra le attività propedeutiche all’esecuzione della prestazione, relative alla cura della persona, certamente necessarie in una attività strettamente connessa all’igiene richiesta nello svolgimento di prestazioni così peculiari quali quelle riguardanti l’ambito sanitario”. Anche perchè, scrive sempre il giudice, c’è la necessità “che, per ragioni igieniche, i dipendenti non indossino gli abiti di lavoro al di fuori dell’ambiente lavorativo, preservandoli così da possibili contaminazioni”.
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