Palermo 13 febbraio 2024 – Giovedì 15 febbraio, alle ore 17, presso il salone della Cgil Palermo si presenta il libro di Francesco Tarantino “Smafiato”, Book Sprint edizioni. Intervengono: il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo, il presidente della commissione regionale antimafia Antonello Cracolici e Franco Garufi, responsabile cultura Auser Sicilia. Modera Loredana Introini, presidente del Centro Pio la Torre.

Francesco Tarantino, 68 anni, nato all’Arenella, dirigente sindacale di lungo corso, è al suo primo romanzo. “Ho scelto di presentarlo alla Cgil perché la Camera del Lavoro è stato il luogo del mio impegno, il posto che ha visto le mie battaglie iniziare e concretizzarsi – afferma Franco Tarantino, che è stato segretario generale della Fp Cgil Palermo  e della Fillea Cgil Palermo e siciliana –  Il mio intento, nello scrivere Smafiato,  è quello di trasmettere soprattutto ai miei figli, cui il romanzo è dedicato, uno spaccato della mia generazione, l’occasione per ragionare sul senso dell’amicizia, sulle ideologie, sull’impegno politico,  su un’esperienza lavorativa e sindacale molto impegnativa dove sono venuto in contatto con le tante problematiche della realtà che  hanno forgiato il mio carattere. L’idea di scrivere il romanzo mi è venuta dopo la morte di uno dei miei migliori amici d’infanzia, Nino nel romanzo. Non volevo disperdere quel patrimonio vissuto. Un racconto con parti vere e altre immaginate, con intrighi e fatti alcuni vissuti, per la maggior parte inventati. Le minacce subite, ad esempio, richiamano fatti veri che pochi intimi conoscono”.

Un romanzo che racconta della presa di distanza di Guido, il protagonista, da un ambiente segnato dalla violenza insita nella sottocultura mafiosa. Ma che parla anche del tema della disgregazione dei movimenti politici degli anni Settanta e Ottanta, di impegno civile, del sogno di una band musicale, di avventure.

“Nel quartiere, una borgata sul mare di Palermo, la pressione dei mafiosi era forte – aggiunge Tarantino –  I “barroni”, il punto dove noi giovani ci davamo appuntamento,  era un luogo di fronte alla parrocchia, il limite oltre il quale c’erano  le case popolari. Una zona di confine simbolico tra il bene e il male, dove si veniva a conoscenza dei fatti di mafia, si facevano incontri, si parlava. In quelle circostanze si poteva venire a contatto con situazioni sia negative che positive. E le scelte in una direzione o nell’altra dipendevano dai propri condizionamenti culturali, in un processo di maturazione che durava mesi ma anche anni. Ho visto tanti miei amici cedere, rimanere invischiati, fare le scelte sbagliate. Erano gli anni del caso Moro, dell’uccisione di Peppino Impastato, delle lotte del proletariato.  Le nostre ambizioni di rivoluzionari, furono messe a dura prova”.

Guido acquisisce col tempo la consapevolezza delle ingiustizie sociali, è impegnato nel lavoro di sindacalista e recide i legami pericolosi. Ma il quartiere non dimentica le sue origini e le sue ingombranti amicizie.

Da qui il termine “smafiato”.  “Il termine indica uno che se ne è uscito. Un neologismo  che ho scelto come titolo perché mi piaceva sia il suono che l’azione che indica – continua l’autore  – Guido, nel romanzo, viene raggiunto un giorno alle giostrine del giardino Inglese da un mafiosetto del quartiere suo amico d’infanzia che gli intima di  stare attento.  “Tu credi di essere smafiato ma non ne uscirai mai. E’ come essere stati in una friggitoria, resterai sempre impregnato dell’odore di frittura”. Ho imparato a riconoscere quegli ingranaggi con tanti miei amici che sono passati dall’altra parte della barricata. Perché Guido no? Perché è rimasto smafiato? Ho trasferito su di lui i miei pensieri e i miei dubbi. Lui aveva una cultura diversa. E compiendo il suo percorso di emancipazione attraverso l’impegno sindacale si è tirato fuori del tutto da quel clima e da quell’ambiente”.

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