La guardia di Finanza di Enna, su disposizione della Procura, ha scoperto un vasto giro di riciclaggio, per oltre 2 milioni di euro, che ha visto coinvolti alcuni imprenditori originari dalla zona dei Nebrodi, ma attivi sul territorio della provincia ennese nei settori agricolo e zootecnico. Si tratta dell’operazione denominata “Coda di volpe”, eseguita dalle Fiamme Gialle con l’esecuzione di un provvedimento di sequestro di beni, emesso dal Gip di Enna, al termine di un’indagine, durata oltre due anni, contro le frodi nel settore dei fondi in agricoltura dell’Unione Europea.
12 indagati
Sono in tutto 12 gli imprenditori indagati, ai quali sono stati contestati, a vario titolo, i reati di riciclaggio, autoriciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
La truffa ricostruita dalle Fiamme gialle
Le indagini hanno permesso di accertare come l’acquisto di vasti fondi agricoli sia avvenuto, ufficialmente da parte di alcuni imprenditori compiacenti, attraverso il reinvestimento dei proventi illeciti originati da truffe ai danni dello Stato e dell’Unione europea perpetrate da famiglie di agricoltori contigui ad ambienti criminali. Decisivo, per portare a compimento il disegno illecito, si è rivelato il contributo fornito agli agricoltori autori delle truffe da altri indagati, i quali si sono prestati a ricevere sui propri conti i proventi illeciti per poi destinarli agli investitori, così determinando un ulteriore filtro per impedire di risalire alla provenienza delittuosa del denaro ed agli effettivi beneficiari di tali investimenti.
La furbata per evitare il sequestro
Un altro degli espedienti utilizzati dagli indagati per mettere al riparo le nuove acquisizioni di beni da eventuali provvedimenti di sequestro in capo agli autori delle truffe, era quello di evitare, una volta sottoscritto il contratto preliminare ed essere entrati in possesso del terreno, di formalizzare con atto pubblico la compravendita, con ciò lasciando il fondo agricolo formalmente di proprietà del venditore, che, incassato il corrispettivo e temendo il carisma criminale delle persone coinvolte, “tralasciava” la definizione del contratto.
Sequestro per 700mila euro
Espedienti, tuttavia, che non hanno impedito ai Finanzieri di ricostruire, anche attraverso accurate indagini bancarie, le operazioni poste in essere, individuare i fondi agricoli interessati e identificare gli autori dei reati, giungendo al sequestro preventivo disposto dall’Autorità Giudiziaria, di beni e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di circa 700.000 euro.
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