“Al vostro cambiamento, che mi pare effettuato sulla base di una logica un po’ ridicola  del principio della rottamazione, non ho retto: non ero forse preparata, eppure sono ancora giovane per saper cogliere ed accogliere i segni delle novità e della loro validità. Magari non ho capacità di adattamento e si imputerà il mio stato depressivo al carattere troppo sensibile o permaloso, ma la depressione non è uno stato d’animo, è una malattia che può essere indotta da cause esterne ed è un malessere che nel frattempo dovrò contrastare da sola cercando di non causare danni e sofferenze agli altri”.

Così Nunziatina Bartolone professoressa di San Giorgio di Gioiosa Marea, nel Messinese, in una lettera aperta al Presidente del Consiglio parla del suo vissuto da insegnante coinvolta o ‘sconvolta’ dalla Buona Scuola.

Insegnante di lettere, per sedici anni in giro in diverse scuole, dal Lazio alla  Sicilia, finalmente riesce ad ottenere il trasferimento nel Liceo in cui ha studiato ma non per tutte le 18 ore della sua cattedra ma solo per sei ore. Da qui l’inizio di un ‘incubo’. Utilizzata in potenziamento dell’organico, così vorrebbe la norma, ma forse c’è da dire in versione tappabuchi, in compresenza con altri insegnanti, paradossalmente e malgrado tutto costretta a ritornar studentessa tra i banchi di scuola non potendo svolgere ed assolvere alla sua funzione. Insomma una storia di sbandamento che così racconta.

“Mi sono ritrovata così con un quadro di compresenza con altri docenti in forma ufficiale, variato frequentemente in poche settimane in maniera spesso discutibile dal momento che ero diventata perfino assistente di laboratorio informatico pur insegnando lettere – scrive l’insegnante -. In realtà la mia funzione, l’ho compreso ben presto con oltre trenta ore di supplenza per le classi dell’istituto in un solo mese, non mi sembra sia prevista in alcun comma della 107: veicolatrice del traffico al bagno da parte degli allievi in assenza dei docenti della classe! Sapendo solo al mattino quali siano gli ordini di servizio non è infatti possibile organizzare, programmare, proporre; non so se sia questa la condizione più penosa oppure quella di dover condividere la classe con un altro docente, se si ha la fortuna di non dover essere perfino in tre quando in classe c’è anche il docente di sostegno che segue disabili talvolta anche in gravi condizioni”.

Parole pesanti alla ricerca di un chiarimento possibile, una storia di ‘sfinimento’ comune per molti insegnanti sballottati da una parte all’altra d’Italia.

“Non ho retto ai continui cambiamenti di esigenze di servizio, se così si possono definire, ben altro ho fatto in sedici anni di esperienza: mi ritrovo, senza opportunità di cambiamento o di chiarimenti, in una condizione di precarietà del tutto sconosciuta e insostenibile per chi è abituato a lavorare – sottolinea la Bartolone -. La legge, quando non garantisce  o tutela la dignità della persona, è iniqua; in maniera non proprio cordiale mi è stato detto dalla mia Dirigente che i chiarimenti dovevo averli da Lei, Signor Presidente, la legge è questa”.

(foto repertorio)