Niente Ponte sullo Stretto e alla Sicilia solo le briciole per le infrastrutture. Una scelta di distribuzione delle risorse che appare poco concreta e pensata più per dare risposte ideologiche che per azioni concrete.

E’ uno schiaffo al Paese ma ancora di più alla Sicilia governata da una formazione ‘non amica’ tutta la previsione di spesa delle risorse aggiuntive che arriveranno dall’Europa per l’emergenza. Risorse che pagheranno le future generazioni ma delle quali non godranno neanche le attuali. Almeno in Sicilia.

“La bozza del Recovery plan discussa dal Consiglio dei ministri certifica la sconfitta della classe politica siciliana in termini di idee e peso politico”, afferma Giangiacomo Palazzolo, membro del comitato promotore nazionale di Azione e sindaco di Cinisi.

“Nel ‘Piano nazionale di ripresa e resilienza’ messo a punto dal Governo Conte – sottolinea Palazzolo – non c’è il collegamento sullo Stretto di Messina che per mesi ha occupato il dibattito politico siciliano ma non ci sono neanche le fantasmagoriche opere contenute nella proposta messa a punto dalla giunta Musumeci”.

“E’ più che evidente che illustri esponenti siciliani della maggioranza di governo e l’intero centrodestra siciliano non abbiano colto l’importanza e la logica del Recovery ma in questo senso mi pare si siano allineati al basso livello di approfondimento del Governo Conte“, conclude l’esponente di Azione.

Ma dal governo della Regione parte, invece, un attacco al governo Conte. Marco Falcone, assessore alle Infrastrutture della Regione Siciliana, ha inviato una nota di protesta per l’assenza del Ponte sullo Stretto di Messina tra le opere previste dal Recovery Plan.

Per Falcone “appare davvero preoccupante leggere di come, in nessuna delle bozze circolate, compaia il Ponte sullo Stretto. Lo stesso per tante altre priorità strategiche individuate nel documento inviato a Roma dalla Regione Siciliana. Ma innanzitutto l’estromissione del Ponte, maturata fra slogan e vere e proprie prese in giro come il tunnel o la funivia dello Stretto, rappresenta certamente il più grave fra gli schiaffi inferti dal Governo Conte ai sogni e alle necessità della Sicilia e dell’intero Mezzogiorno d’Italia”.

E’ dura la posizione dell’assessore che ricorda come “fino a pochi giorni fa il presidente Nello Musumeci aveva tenuto una linea costruttiva, chiedendo al ministro Paola De Micheli di prevedere il Ponte nel Recovery Plan, o quantomeno, nel caso in cui veramente esistesse, un progetto di attraversamento stabile dello Stretto da realizzare in tempi rapidissimi. Purtroppo, nulla di tutto ciò”.

“Ci dispiace – ha concluso Falcone – che la Sicilia, ancora nel 2021, sia tagliata fuori dall’Alta velocità per un capriccio ideologico di Pd e Movimento 5 stelle. Ci auguriamo che, almeno in extremis, uno scatto di orgoglio (o d’amore) per l’Italia da parte di qualche componente della maggioranza possa fermare il compimento di questo delitto perfetto”.

Ma non c’è solo il Recovery Plan. Nonostante le forti opposizioni si pensa anche alla riforma del Mes, il meccanismo europeo di stabilità. E su questo fronte Attiva Sicilia, il gruppo degli ex pentastellati nell’isola, lancia un appello affinché questo strumento venga radicalmente ripensato alla luce della crisi che ha colpito l’Italia e l’Europa a causa della pandemia.

“Il Mes – affermano i deputati regionali di Attiva Sicilia, Angela Foti, Sergio Tancredi, Matteo Mangiacavallo, Valentina Palmeri ed Elena Pagana – introduce dei criteri di condizionalità nell’uso delle risorse e questo porterebbe l’Italia ad avere una gestione della crisi ‘commissariata’ che la avvicinerebbe alla situazione della Grecia, con una serie di riforme da adottare obbligatoriamente e decisioni che dovrebbero poi passare al vaglio dei paesi leader dell’Europa. Questo non è certo il momento di riformare e rafforzare il Mes ma di ripensarlo, se non smontarlo. L’Italia ma soprattutto il Sud e la Sicilia hanno bisogno di interventi completamente differenti che soddisfino veramente le esigenze dei cittadini. La riforma proposta, invece, sembra garantire più le banche che le necessità dei Paesi”.

“La direzione intrapresa – proseguono i deputati regionali – sembra abdicare all’identità di un’Europa solidale a favore di una podestà sovranazionale che non andrebbe sicuramente a favore della popolazione italiana e che consegnerebbe ai governi futuri un’arma molto pericolosa. Ci stupisce che il M5s e quella parte del Pd da sempre contraria al Mes oggi giustifichino questo rafforzamento e, contrariamente al messaggio proposto agli elettori, possano aprire alla cessione di una grossa quota di sovranità nazionale, anche in contrasto con i valori costituzionali. E non è credibile chi dice che il Mes verrà riformato ma non usato: se così fosse perché questa urgenza nella riforma? Ci rifiutiamo però di credere che questa decisione sia collegata a possibili ricatti che aleggiano sulla tenuta del governo e sul completamento della legislatura”.

“Il nostro non è un preconcetto verso il Mes – concludono i componenti del gruppo di Attiva Sicilia all’Ars – ma siamo contrari nel merito perché siamo convinti che tale strumento finanziario sia dannoso”.

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