Nella natura di vero mediatore di Paolo Gentiloni, l’esito del G7 è positivo al di là dei passi avanti sui dossier. “Il confronto è sempre utile, aiuta a individuare convergenze quando possibili e rende chiare le differenze quando ci sono”, è la soddisfazione del premier che può anche vantare la riuscita della macchina dell’accoglienza a Taormina e torna a Roma, dove lo aspetta una maggioranza e anche un Pd sull’orlo della rottura, anche con il “grazie” degli altri Sei Grandi per un’accoglienza perfetta. Non è nel carattere del presidente del Consiglio mettere la polvere sotto il tappeto, enfatizzando i risultati e omettendo le distanze, anche vistose, che si sono registrate tra i 6 leader compatti contro Donald Trump.
“Il risultato più importante è stato sul terrorismo”, è la rivendicazione più netta che fa nella conferenza stampa di circa 40 minuti, asciutta come il comunicato finale del vertice. Sul commercio, dove pure i 6 hanno strappato a Trump la “difesa del libero commercio contro il protezionismo”, non usa enfasi parlando di “un equilibrio positivo”. E sui migranti, pur derubricando la soluzione del problema ad una sede diversa dal G7, fa capire che l’Italia avrebbe voluto di più sul tema dei diritti ma, precisa, “non è stato un accordo al ribasso”.
C’è poi la madre di tutte le battaglie, il clima, dove il confronto ha avuto anche toni accesi nell’ex monastero di San Domenico. Gentiloni prende atto del rinvio degli Usa ma a differenza di altri leader, Merkel in primis, il premier italiano non usa parole dalle quali trapeli irritazione verso Trump. Anzi, descrive lo straripante presidente Usa come “molto dialogante e molto curioso”, anche rispetto alla situazione dei paesi africani, ospitati nella sessione ad hoc.
Insomma, il presidente del Consiglio sembra davvero soddisfatto e a chi pensa che la formula del G7 non abbia più senso fa sapere di non essere affatto d’accordo e di non ritenere il format obsoleto. Anzi per l’Italia, pensa il premier, è stata una pubblicità positiva anche grazie alla scelta di Taormina, decisione per cui Gentiloni ringrazia, in apertura di conferenza stampa, Matteo Renzi. L’ex premier ha incoraggiato ieri il suo ex ministro degli Esteri ricordando come si arrivò a preferire la “perla dello Ionio” a Firenze.
Un grazie, quello di Gentiloni, che serve a ribadire la lealtà con cui seguirà le scelte del segretario Pd alla vigilia della settimana cruciale sulla legge elettorale che deciderà forse anche i destini della legislatura. Una partita che si gioca in un clima incandescente dentro la maggioranza dopo la rottura di Mdp sulla nuova normativa sui voucher, che il premier si è fatto convincere dal Pd a non stralciare, pur consapevole dei rischi per la tenuta del governo. E chissà se nei prossimi tornanti torneranno utili al premier le doti di mediazione usate così abilmente da padrone di casa a Taormina. Ma, come chiarì nel suo discorso all’inizio del mandato, il suo governo dura finché “avrà la fiducia del Parlamento”. Saranno i partiti a decidere, non lui.
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