L’abuso d’ufficio è un reato “evanescente” che complica il lavoro delle procure. Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio riferendosi alla nuova riforma, approvata dal Consiglio dei ministri e che fra le varie misure cancella il reato di abuso d’ufficio. Il ministro ha parlato a Taormina a margine di un incontro organizzato nell’ambito di Taobuk.

L’abuso d’ufficio

Secondo Nordio “l’abuso d’ufficio era ed è ancora un reato così evanescente che complica soltanto le cose senza aiutare minimamente”, ostruendo le indagini “perché intasa le procure della Repubblica di fascicoli inutili disperdendo le energie verso reati che invece dovrebbero essere oggetto di maggiore attenzione”. Nella nuova riforma il reato è stato cancellato basandosi sul fatto che le modifiche introdotte in questi anni non hanno eliminato lo “squilibrio” tra le iscrizioni nel registro degli indagati e le condanne: l’anno scorso sono stati archiviati 3.536 dei 3.938 fascicoli aperti. A Taormina Nordio ha anche specificato che “se l’Europa ci chiedesse una sorta di rimodulazione del nostro sistema integrato repressivo, noi siamo disposti ad accoglierla, ma non nella forma in cui esisteva l’abuso d’ufficio, che era così evanescente e atipico da non avere uguali, tra l’altro, in nessun altro ordinamento europeo”.

“Intercettazioni? Salvaguardiamo le persone estranee alle indagini”

Per quanto riguarda le intercettazioni, secondo quanto prevede la nuova riforma i giornalisti potranno pubblicare solo quelle il cui contenuto sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento. Inoltre i pm e i giudici dovranno stralciare dai brogliacci e dai loro provvedimenti i riferimenti alle persone terze estranee alle indagini. Nordio ha spiegato che “la tutela del terzo significa tutelare la persona estranea alle indagini di cui parlano gli intercettati. Se due persone intercettate parlano male di lei (Nordio si rivolge al cronista che ha rivolto la domanda, ndr), lei è senza difesa e può essere anche vittima di una calunnia”. Questo è un caso che, secondo quanto spiega il ministro, “accade spesso perché i due intercettati, se sono dei malandrini, partono dal presupposto di essere intercettati. Questa non è informazione, questa è violazione flagrante dell’articolo 15 della Costituzione che ritiene la libertà e la segretezza delle conversazioni un principio fondamentale”. Per Nordio si tratta di una “barbarie” che “costa 200 milioni di euro l’anno”. In Italia si spende “una cifra colossale per inchieste che raggiungono risultati minimi – ha detto Nordio -, per intercettazioni inutili su reati minimi e poi siamo indietro di anni rispetto alle tecnologie utilizzate dalle grandi organizzazioni criminali”. Anche il Trojan per Nordio è “superatissimo. La criminalità organizzata nazionale e internazionale usa sistemi che non riusciamo a intercettare perché non abbiamo le risorse per farlo”.

“Interferenze di Anm”

Nel suo intervento Nordio ha affermato che “se un magistrato singolarmente ritiene dal suo punto di vista che una legge sia sbagliata nessuno ha il diritto di togliergli la parola o di dire che interferisce”. In questo caso, ha spiegato il ministro, “non era un magistrato qualunque. Era il rappresentante di un sindacato di magistrati che aveva, prima ancora che fosse noto il testo del disegno di legge, pronunciato tutta una serie di critiche severissime”. Tutte queste cose, ha aggiunto Nordio, “secondo me in corretto italiano significano interferenze, visto che tra l’altro non soltanto il ddl doveva ancora essere approvato, ma queste parole provenivano da presidente di una associazione che si pone come interlocutrice della politica del governo senza tener conto che l’interlocutore istituzionale del governo e della politica non è il sindacato, ma il Csm”.

La risposta: “Nostro diritto parlare”

Nel suo intervento Nordio ha affermato che “se un magistrato singolarmente ritiene dal suo punto di vista che una legge sia sbagliata nessuno ha il diritto di togliergli la parola o di dire che interferisce”. In questo caso, ha spiegato il ministro, “non era un magistrato qualunque. Era il rappresentante di un sindacato di magistrati che aveva, prima ancora che fosse noto il testo del disegno di legge, pronunciato tutta una serie di critiche severissime”. Tutte queste cose, ha aggiunto Nordio, “secondo me in corretto italiano significano interferenze, visto che tra l’altro non soltanto il ddl doveva ancora essere approvato, ma queste parole provenivano da presidente di una associazione che si pone come interlocutrice della politica del governo senza tener conto che l’interlocutore istituzionale del governo e della politica non è il sindacato, ma il Csm”.

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