I fatti connessi all`ultimo sbarco di migranti (il secondo del 2016) avvenuto a Messina, sono intrisi di disumanità.
Gli Agenti della Squadra Mobile peloritana, che intervengono come da prassi durante le operazioni di sbarco, hanno usato svariati termini:”tubo in gomma “,” frusta” o “manichetta dell`acqua”, per definire l`oggetto con il quale gli scafisti percuotevano i malcapitati profughi.
Le vittime di questo ennesimo trattamento inumano in occasione di uno dei tanti approdi sulle nostre coste, hanno univocamente riconosciuto nell’uomo contrassegnato dal n° 117, colui che li teneva sotto tiro e che coordinava gli altri due suoi sottoposti, entrambi del Gambia.
Per sfuggire all`arresto, i due gambiani hanno dichiarato di essere minorenni, ma i successivi controlli ossei eseguiti su di loro al Papardo ne hanno accertato la maggiore età.
I tre, sin dalle spiagge libiche luogo di inizio del viaggio, hanno usato modi bruschi per far salire su un gommone circa un centinaio di persone, per fortuna l`odissea è terminata con l`intervento dell`unità navale Fiorillo in dotazione alla Guardia Costiera.
Il lavoro congiunto di Squadra Mobile e Guardia Costiera, ha consentito di arrestare i componenti la banda di aguzzini, l`ultimo ha tentato di mimetizzarsi tra i migranti appena arrivati al molo Marconi, ma con poca fortuna.
È stato definitivamente accertato, che a comporre questo gruppo di persone dedite al lucroso business dei viaggi della speranza, fossero in quattro.
Negli anni, l`ultimo arrestato ha collezionato diverse denunce, anche per spaccio di sostanze stupefacenti, oppure quando nel 2013 a dicembre gli era stato intimato di lasciare il territorio nazionale entro sette giorni, per poi essere accompagnato alla prossima prossima frontiera dalla forza pubblica, era stato destinatario di una ordinanza di espulsione.
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