La famiglia di Tonino Currò, il giovane tifoso messinese morto allo stadio il 17 giugno del 2001 dovrà essere risarcita anche dal Ministero dell’interno.

Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Messina che, confermando il verdetto di primo grado che chiamava in causa Comune di Messina e Lega Calcio, ha riconosciuto la responsabilità contestuale del Ministero. Tonino aveva 18 anni, era andato allo stadio insieme ai ragazzi della curva per tifare per il Fc Peloro, in gara contro il Catania. Doveva essere una giornata di festa, invece una bomba carta gli ha stroncato la vita.

La sentenza

Come scrive la Gazzetta del Sud, “affermare che in occasione di un gara calcistica, il cui clima di tensione e ostilità fra le contrapposte tifoserie era stato ampiamente preannunciato, la morte di uno spettatore costituisca un fatto quasi inevitabile, un caso fortuito, non può essere condiviso in un ordinamento in cui la persona e la sua tutela costituiscono valori supremi su cui si fonda la Costituzione italiana e che appresta le dovute misure preventive e repressive delle condotte di detenzione di armi o materiale esplodente (vedi fra le altre l’art. 5 l. 152/1975) che possono mettere a rischio quella tutela.”
“Delle due l’una – afferma la Corte -: o le misure di prevenzione disposte dalla Questura erano inadeguate a fronteggiare i pericoli di scontri ed incidenti prima o durante l’incontro “a rischio” Messina-Catania, oppure, in alternativa, tali misure sono state eseguite con negligenza, se è vero che, alla prima verifica della efficacia delle misure di prevenzione disposte, la situazione di disordine annunciata si manifestava con immediata virulenza non appena i tifosi del Catania facevano ingresso nello stadio”.

Tre anni fa il primo grado

Il 28 marzo del 2019 il giudice della I Sezione civile Mauro Mirenna, aveva condannato la Lega Calcio, responsabile dell’organizzazione della partita di calcio, l’Fc Messina Peloro, che aveva in gestione l’impianto sportivo, e il Comune di Messina, “titolare” dello stadio, a risarcire i danni in favore dei familiari di Tonino Currò, difesi dall’avvocato Giuseppe Laface.

Riconosciute l’inefficienza e l’inadeguatezza della barriera costruita così come imposto dalla Commissione prefettizia di sicurezza e vigilanza. La struttura non evitò che l’ordigno lanciato da un ultrà etneo colpisse il povero Tonino. Il ventitreenne spirò dopo due settimane di coma.