A due settimane dal voto referendario che ha sancito la sconfitta del Sì alle riforme costituzionali e portato Matteo Renzi alla dimissioni, il segretario del Pd parla all’assemblea del suo partito. L’analisi dell’ex presidente del Consiglio è lucida: “Abbiamo straperso, anche il 41% al referendum è una sconfitta netta. Sognavo 13 milioni, ne abbiamo presi 13 e mezzo, non è bastato”, ha detto.
Il focus di Renzi si concentra sulle ragioni delle sconfitta che al sud ed in Sicilia in particolare è stata concente: “Abbiamo perso al Sud – dice – il nostro approccio non è stato di disinteresse, ho visitato i luoghi più difficili. Ma abbiamo sbagliato pensando fosse sufficiente una politica di investimenti e patti per il Sud senza il coinvolgimento vero di quella parte di Sud che doveva essere portata con noi in una sfida etica prima che economica”.
Renzi ricorda di avere “messo tanti soldi per il Mezzogiorno” che “saranno utili”, ma riconosce che “non coinvolgere le persone è stato un errore. Bisogna ricostruire un ponte con queste persone. E solo noi possiamo farlo”.
E poi c’è quella che definisce ‘una sconfitta in casa’: i giovani. Lui, classe ’75, e il suo gruppo storico di 30-40enni, coetanei di “una generazione non arrabbiata ma disincantata, da presidenti del Consiglio indagati, presi a monetine, cresciuta col mito sella semplificazione e talvolta del semplicismo. Non siamo riusciti a prenderla sul referendum. E’ un luogo da cui ripartire, non fisico. Una generazione globale, ma la globalizzazione tecnologica fa pendant con sfide che mettono quella generazione a rischio“.
Poi l’avvertimento: “I signori del No non sottovalutino che c’è un 41% su cui fare i conti”. E Renzi ed i renziani ripartono da questo dato e da un congresso che sarà forse la resa dei conti finale.
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