Dopo la vicenda delle scarcerazioni dei mafiosi al 41 bis e il caso Di Matteo, nuova bufera su Alfonso Bonafede, stavolta per via di un volo di Stato, con partenza da Napoli e arrivo a Roma (distanti 228 chilometri in auto), effettuato il 27 febbraio scorso e costato 10mila euro di soldi pubblici.
Ne ha dato notizia il quotidiano Il Tempo: il Ministro voleva arrivare in tempo alla votazione finale della conversione in legge del decreto sulle intercettazioni.
Il ministro, infatti, quel giorno si trovava nel capoluogo partenopeo per un vertice Italia – Francia con Macron ma «ha lasciato anticipatamente la sede a Napoli, alle 18.30 circa», per «essere presente in aula prima del definitivo voto finale sul suo provvedimento previsto per le 20». Nonostante ciò, però, Bonafede è arrivato ugualmente in ritardo.
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Sulla vicenda è intervenuto Michele Anzaldi, deputato di Italia Viva, che su Facebook ha scritto: «L’utilizzo del volo di Stato da parte del ministro Bonafede per un viaggio Napoli-Roma, rivelato dal quotidiano ‘Il Tempo’, è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi che confermano le contraddizioni del MoVimento 5 Stelle al governo. Dopo anni di campagne di odio, anche con profili diffamatori, sull’utilizzo dei voli di Stato da parte di premier e ministri, una volta al potere anche i cinque stelle hanno fatto esattamente come i predecessori, il premier Conte viaggia esattamente con lo stesso aereo usato da tutti i presidenti del Consiglio, ed è giusto che, per motivi di sicurezza, di tempo o semplicemente di organizzazione, i membri del governo viaggino sugli aerei di Stato. Ora, però, Bonafede e i cinque stelle dovrebbero chiedere scusa per anni e anni di falsa propaganda che ha solo alimentato rancore sociale».
«Lo stesso vale – ha aggiunto Anzaldi – per altre questioni. Ad esempio gli incroci tra stampa e tv. Il MoVimento 5 Stelle all’opposizione per anni ha annunciato di voler impedire agli editori televisivi di possedere anche giornali, addirittura l’allora sottosegretario Crimi nel Governo Conte 1 annunciò trionfante una norma nel Milleproroghe di fine 2018 che avrebbe vietato gli intrecci, ma poi alle chiacchiere non sono seguiti i fatti, e lo vediamo con il caso Cairo, l’editore di La7 e Corriere della sera che cumula un grande potere nell’informazione e usa il suo ruolo per attaccare leader politici come Matteo Renzi. Altro caso è quello delle rendicontazioni: il Movimento 5 stelle all’opposizione si vantava di rendicontare tutte le spese (ma il caso Rimborsopoli dimostrò che molti facevano solo finta di restituire), ora che sono al potere hanno deciso di non rendicontare più nulla. È facile quando si è all’opposizione speculare sulla buona fede dei cittadini, ma in questo modo le istituzioni vengono umiliate e danneggiate».
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