Il mondo sindacale non ha dubbi: Progetto Italia farà bene al settore delle costruzioni e quindi ai posti di lavoro, senza danneggiare gli altri operatori. “Una grande impresa produce grandi indotti” ha dichiarato Alessandro Genovesi (Fillea Cgil). Vito Panzarella (Feneal-Uil) non vede rischi per la concorrenza perché “i mercati di riferimento di Progetto Italia e delle medie imprese sono diversi”. Per Franco Turri (Filca-Cisl) “è un’operazione molto positiva, dobbiamo rimettere in moto i cantieri e per farlo un consolidamento del sistema industriale è fondamentale”.

Con un mercato ben funzionante, ci sarà spazio per tutti. Per questo la vera scommessa è che le opere pubbliche – grandi o piccole che siano – vengano sbloccate. Solo così si possono fermare la crisi del settore e l’emorragia di posti di lavoro: con lavori chiusi nel cassetto per 36 miliardi di euro, molte aziende sono state costrette a portare i libri in tribunale. Lo sblocco dei cantieri è stato promesso più volte ma finora è rimasta, appunto, una promessa.

D’altra parte i numeri cancellano i dubbi di chi teme che agli operatori di minori dimensioni resteranno solo le briciole del mercato interno e che dimostra come siano infondati i timori dell’Ance (l’associazione nazionale dei costruttori edili) di fronte alla nascita di un gigante del settore, quello che finora si chiama Progetto Italia e che nasce dall’aggregazione di Salini Impregilo con Astaldi e altre aziende, con il supporto della Cassa Depositi e Prestiti e delle maggiori banche italiane.  Nell’ultimo anno Salini Impregilo ha coinvolto 1.500 aziende italiane nei suoi cantieri in tutto il mondo, stipulando contratti per un miliardo di euro; assieme ad Astaldi i contratti in Italia nell’ultimo triennio sono stati pari a 4 miliardi, generando 20mila posti di lavoro all’anno.