In Italia, per la prima volta, è stata isolata e sequenziata, la variante del Sars-CoV-2, la XF, ‘fusione’ tra la Delta e la Omicron. La scoperta, anticipata dall’edizione bolognese di Repubblica, è avvenuta al laboratorio di Pievesestina, a Cesena, diretto dal microbiologo Vittorio Sandri.

Il tampone positivo era di un paziente che aveva patologie significative, che ha contratto il Covid-19 un paio di mesi fa e che poi è deceduto: “Ma non per la variante XF – ha precisato Sandri a Repubblica – questo bisogna dirlo con molta chiarezza”.

Il microbiologo ha spiegato: “Ogni valutazione sulle caratteristiche di questa nuova variante è prematura: nel laboratorio stanno continuando a studiare per cercare di capire affinità e divergenze con le varianti già note, la pericolosità, la contagiosità, la resistenza ai vaccini e alle terapie”.

La nascita di varianti, come la XE, individuata per la prima volta nel Regno Unito, per Sandri è normale: “Il numero di casi è alto, il il virus gira in maniera importante e si moltiplica: è normale la comparsa di mutazioni che possano portare a varianti. Il problema è capire quali e quante ne emergono e cosa può voler dire”.

Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute, ha affermato: “La variante XF del virus Sars-CoV-2, identificata oggi in Emilia Romagna, così come la XJ, “sono ricombinanti e non nuove varianti, significa che le sottovarianti omicron 1 e omicron 2 infettano contemporaneamente la persona e scambiano materiale genetico. Ma sempre di omicron si tratta, non è una nuova variante. Le ricombinazioni è difficile che assumano caratteristiche molto diverse da omicron. Almeno questo è quanto abbiamo visto finora”.

“Quella che sembrava essere più attenzionata – ha aggiunto era la XE percheé in Inghilterra avevano stimato un aumento di trasmissibilità del 10%, su questo però gli inglesi sembra ora che stiano tornando indietro: non è sicuro abbia questo piccolo vantaggio evolutivo”, ha concluso.