Quasi tutti hanno dimenticato, e Tajani non sta certo lì a ricordarlo, che tempo fa l’aspirante premier del centrodestra prese una posizione chiara nello scontro tra i sostenitori e i detrattori dei paladini siciliani antimafia. E decise di schierarsi chiaramente contro Giovanni Falcone”. Lo afferma, in un post, il M5S rilanciando un articolo dell’allora cronista de Il Giornale Antonio Tajani, dal titolo “Il giudice fa carriera solo per meriti “antimafia”?

Da cronista del Giornale, all’inizio del 1988, Tajani segue passo passo la vicenda della successione ad Antonino Caponnetto nella posizione di capo dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo. In competizione ci sono l’anziano Antonino Meli e il giovane Giovanni Falcone. Tajani segue e scrive del dibattito interno al Csm nei giorni precedenti la famosa notte del 19 gennaio, quella in cui l’organo di autogoverno dei magistrati preferisce Meli a Falcone. Secondo molti, quell’episodio rappresenta l’inizio della fine per il giudice nemico numero uno dei corleonesi”, scrive il M5S che sottolinea: “Tajani scrive “Sono mesi, però, che si lavora dietro le quinte per trasformare la nomina in una sorta di processo di beatificazione. Il nome sul quale si sono mossi gli accordi sotterranei è quello di Giovanni Falcone”.

“Tajani – si legge nel post – verga resoconti a metà tra cronaca e retroscena, ma i toni sono evidentemente a sostegno di Meli e il logoramento ai danni di Falcone è a tratti smaccato. I sostenitori del giudice ucciso a Capaci vengono ripetutamente definiti da Tajani “padrini”. E all’antivigilia della decisione del Csm, Tajani scrive ancora che “Falcone ha perso consensi fra gli stessi giudici per il suo eccessivo interessamento alla promozione: troppi politici ne avrebbero caldeggiato la candidatura”. “Roba di 30 anni fa? Certo, ma perfettamente coerente con la storia di un personaggio che da lì a poco parteciperà per via diretta alla fondazione di Forza Italia”, attacca il M5S.