Aveva solo 4 anni quando fu sottoposto a tre interventi chirurgici per un tumore inesistente. Oggi vive in stato vegetativo. Risarcimento milionario dopo 12 anni.
Nel giro di un anno, tra il 2012 e il 2013, un bambino di Firenze è stato operato tre volte alla testa per una diagnosi che si è poi rivelata clamorosamente sbagliata. A distanza di dodici anni, il Tribunale di Firenze ha emesso una sentenza netta: l’invalidità permanente del ragazzo è dovuta a un errore medico evitabile. La struttura sanitaria dovrà ora risarcire la famiglia con 3 milioni e 700mila euro, somma che comprende danni morali, biologici e spese legali.
Una diagnosi inizialmente corretta, poi ignorata
Tutto è iniziato con sintomi preoccupanti: forti mal di testa e crisi epilettiche ricorrenti. Il piccolo, all’epoca di appena 4 anni, viene ricoverato presso l’ospedale Meyer di Firenze, uno dei centri pediatrici di riferimento a livello nazionale.
Durante il primo ricovero, i medici sospettano un caso di encefalite erpetica, una grave infiammazione cerebrale provocata dal virus herpes simplex. È una patologia che, se diagnosticata precocemente, può essere trattata con terapie farmacologiche antivirali, evitando danni permanenti.
Ma questa ipotesi iniziale viene presto accantonata. Gli specialisti cominciano a temere che il bambino possa essere affetto da una rara forma tumorale del lobo temporale. Nasce così la decisione di procedere con un primo intervento chirurgico.
Tre operazioni non necessarie, l’ultima la più devastante
Tra il 2012 e il 2013, il piccolo viene operato tre volte, in una spirale clinica che lo condurrà verso un destino drammatico. L’intervento più invasivo è l’ultimo: una lobectomia temporale, ovvero la rimozione parziale o totale del lobo temporale del cervello, una zona fondamentale per il linguaggio, la memoria e l’elaborazione sensoriale.
Un’operazione complessa, con alti rischi. Ma, secondo i giudici del Tribunale di Firenze, assolutamente non necessaria.
Sentenza definitiva: “Non c’era alcun tumore”
Il lungo processo, avviato dai genitori del ragazzo, ha portato a due perizie medico-legali indipendenti. Entrambe hanno confermato che il bambino non aveva alcun tumore e che le sue condizioni iniziali erano compatibili con la diagnosi di encefalite erpetica.
Nella sentenza firmata dal giudice Roberto Monteverde, si legge chiaramente che i medici “avevano a disposizione elementi sufficienti per riconoscere la reale patologia” e che la scelta di intervenire chirurgicamente è stata incongrua e dannosa.
Il verdetto è inequivocabile: “Sussiste un nesso tra l’assistenza sanitaria incongrua e la gravissima patologia encefalica da cui è attualmente affetto il ragazzo, rappresentata da un quadro di tetraparesi spastica e stato vegetativo”.
Con i farmaci giusti, avrebbe potuto avere una vita quasi normale
Secondo le perizie, una terapia farmacologica tempestiva avrebbe potuto evitare il peggioramento del quadro clinico. Anche ammettendo che la encefalite avrebbe potuto lasciare qualche conseguenza, il decorso sarebbe stato radicalmente diverso: il ragazzo avrebbe potuto camminare, parlare, studiare, vivere con dignità.
Oggi, invece, a 16 anni, il giovane vive in stato vegetativo e con una diagnosi di tetraparesi spastica. L’aspettativa di vita stimata è 35-40 anni, mentre avrebbe potuto vivere una vita normale, o quasi, se fosse stato curato in modo corretto.
Informazioni insufficienti ai genitori: un altro errore grave
Un altro punto critico evidenziato nella sentenza riguarda l’informazione fornita ai genitori. Il tribunale ha stabilito che, prima dell’intervento, la famiglia non ha ricevuto una spiegazione adeguata sui rischi dell’operazione e sull’incertezza della diagnosi.
Una mancanza grave, secondo i giudici, soprattutto “a fronte della natura e della portata della procedura e dei possibili rischi, complicanze e dell’incertezza diagnostica del quadro clinico”.
Una ferita ancora aperta per la famiglia
Per i genitori, oltre al dolore quotidiano nel vedere il proprio figlio in quelle condizioni, c’è l’amarezza per una battaglia legale durata dodici anni, conclusa solo ora con una sentenza che, seppur favorevole, non potrà mai restituire al ragazzo la vita che avrebbe potuto avere.
Il risarcimento stabilito – circa 3,7 milioni di euro – servirà almeno a garantire un’assistenza continua, specializzata e dignitosa per il giovane, che avrà bisogno di cure e supporto costanti per tutta la vita.
FAQ
Cosa aveva realmente il bambino?
Soffriva di encefalite erpetica, un’infiammazione cerebrale curabile con farmaci.
Perché è stato operato?
I medici temevano una forma tumorale al cervello, diagnosi rivelatasi errata.
Quali sono state le conseguenze?
Il ragazzo, oggi 16enne, è in stato vegetativo e affetto da tetraparesi spastica.
La famiglia è stata risarcita?
Sì, con una somma di circa 3,7 milioni di euro.
Con cure adeguate avrebbe potuto vivere normalmente?
Secondo i periti, sì: la terapia farmacologica tempestiva avrebbe evitato danni gravi.






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