• Detenuto spara all’interno del carcere di Frosinone e ferisce tre persone.
  • La pistola forse arrivata nella struttura con un drone.
  • Alla base del ‘far west’ un regolamento di conti. La protesta dei sindacati.

Episodio inquietante nel carcere di Frosinone ieri pomeriggio, domenica 19 settembre: «un detenuto trentenne di origine italiana» ha «colpito con diversi colpi da arma da fuoco, di cui era inspiegabilmente in possesso, altri detenuti, che sarebbero rimasti feriti leggermente. Avrebbe poi consegnato di sua spontanea volontà l’arma agli appartenenti alla Polizia Penitenziaria, accorsi nell’immediatezza».

Lo ha reso noto Leo Beneduci, segretario della Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria, che ha aggiunto: «Il fatto è di una gravità inaudita e ferme restando le responsabilità riguardo all’introduzione in carcere di un’arma da fuoco, probabilmente solo il caso fortuito non ha condotto a più gravi conseguenze. Peraltro, in un’Amministrazione quale quella Penitenziaria, in cui anche grazie alle iniziative della Guardasigilli Cartabia, i Provveditori Regionali fanno i professori e i professori universitari fanno i Provveditori Regionali, tanto da mettere costantemente in dubbio il ruolo della Polizia Penitenziaria, sia a riguardo della sicurezza interna ed esterna delle strutture, sia in ordine alle attività per il trattamento rieducativo dei detenuti, stante l’imperante confusione è legittimo aspettarsi il peggio».

Il detenuto che ha sparato è stato trasferito in un altro carcere nella tarda serata di ieri. Tre i feriti, nessuno dei quali in gravi condizioni. Stando a quanto ricostruito, il detenuto sarebbe entrato in possesso dell’arma grazie a un drone.

Come ricostruito da Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE), «un detenuto napoletano di 28 anni, ristretto in Alta Sicurezza per reati connessi alla criminalità organizzata – camorra -, una volta autorizzato ad uscire dalla cella per fare la doccia ha puntato una pistola in faccia al poliziotto penitenziario e si è fatto consegnare le chiavi delle altre celle altrimenti lo avrebbe ammazzato. Poi ha raggiunto le celle di altri detenuti (napoletani e albanesi), che nei giorni scorsi lo avevano minacciato e picchiato, e, dopo avere tentato inutilmente di aprirle, ha sparato all’interno tre colpi di pistola».

Sulla vicenda è intervenuto anche Gioacchino Veneziano, segretario generale della UILPA Polizia Penitenziaria della Sicilia: «Lo avevamo detto in tempi non sospetti anche al Provveditore della Sicilia che le carceri con questo sistema sono in mano ai detenuti». E ancora: «A chi chiede come ha fatto ad entrare una pistola in un carcere, noi rispondiamo che è in malafede, ovvero ignorante, come si può garantire la sicurezza e il trattamento senza personale di Polizia sui muri di cinta e con un solo agente per interi padiglioni con oltre 200 detenuti?».

«La ministra e la politica negli ultimi 10 anni – ha continuato il sindacalista regionale- si è arresa davanti alle pressanti istanze di garantismo e buonismo a tutti i costi, ma il prezzo che stiamo pagando è la deriva violenta nelle carceri che calpesta non solo l’art. 27 della costituzione, ma pure la dignità di ogni Poliziotto Penitenziario che ormai e prigioniero dei carcerati…».

«Da anni assistiamo inermi allo smantellamento –ha proseguito il leader siciliano della Uil di categoria – della vera funzione della Polizia Penitenziaria, e le assunzioni con il contagocce che non superano mai il turn-over, hanno determinato che non siamo più in grado di offrire la sicurezza ai cittadini».

«La ciliegina sulla torta – ha concluso Veneziano – sono state certe leggi che hanno spostato la responsabilità agli operatori di Polizia Penitenziaria in caso di uso legittimo della forza in base all’art. 41 dell’ordinamento penitenziario, che di fatto hanno disarmato la polizia penitenziaria, e hanno innalzato paurosamente la percentuale per malattie per patologie da parte dei colleghi della Polizia Penitenziaria».

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