La guerra a Gaza riprende con violenza: attacchi aerei israeliani uccidono decine di persone, gli Houthi colpiscono Israele e i familiari degli ostaggi protestano.
Nella notte tra il 17 e il 18 marzo 2025 almeno 71 persone, tra cui neonati, bambini, donne e uomini, sono state uccise negli attacchi aerei lanciati dall’esercito israeliano sulla Striscia, come riportato dal corrispondente di Al Jazeera Arabic a Gaza.
I bombardamenti hanno colpito principalmente abitazioni nelle città di Khan Younis, Rafah e Beit Lahiya, riducendo in macerie case dove le famiglie dormivano. Questo assalto segna la fine di una tregua fragile, iniziata a gennaio e interrotta martedì scorso, quando Israele ha ripreso le operazioni militari su larga scala. Secondo il ministero della Salute di Gaza, il numero totale di vittime dall’inizio del conflitto, scoppiato il 7 ottobre 2023, supera ormai le 48.000, con una devastazione che ha lasciato il 90% della popolazione sfollata.
La tregua infranta: Netanyahu sceglie la guerra e Ben-Gvir torna al governo
Il cessate il fuoco di gennaio, che aveva portato alla liberazione di 33 ostaggi israeliani in cambio di circa 2.000 prigionieri palestinesi, sembrava un barlume di speranza. Ma la fase due dell’accordo, che prevedeva il ritiro delle truppe israeliane e una pace duratura, non è mai iniziata. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha giustificato la ripresa dei combattimenti con il fallimento dei negoziati, dichiarando che le trattative per estendere la tregua proseguiranno “solo sotto il fuoco”, come riportato da Reuters. Una mossa che ha anche un risvolto politico: il partito di estrema destra di Itamar Ben-Gvir, uscito dalla coalizione a gennaio per opporsi alla tregua, è rientrato nel governo, rafforzando la maggioranza di Netanyahu.
La protesta a Tel Aviv: “Netanyahu sacrifica gli ostaggi”
A Tel Aviv, la rabbia dei familiari degli ostaggi ancora detenuti a Gaza è esplosa in una protesta vibrante. Centinaia di persone si sono radunate per chiedere la fine della guerra e il rilascio immediato dei 58 ostaggi rimanenti, di cui 34 sono considerati morti dall’esercito israeliano. “Il governo sta giustiziando gli ostaggi, Netanyahu ha deciso di riportare indietro Ben-Gvir invece di riportare indietro gli ostaggi”, ha dichiarato la leadership delle proteste in un comunicato ufficiale. “La ripresa dei combattimenti è una condanna a morte per gli ostaggi. La guerra non sta riportando indietro gli ostaggi, la pressione militare li sta uccidendo e almeno 41 persone hanno pagato con la vita”.
Hamas: “Rimaniamo fedeli alla tregua”
Dall’altra parte, Hamas non cede. Il portavoce Abdul Latif al-Qanou, citato dal Palestinian Information Center e ripreso da Al Jazeera, ha ribadito l’impegno del gruppo all’accordo di gennaio: “Stiamo lavorando con i mediatori per risparmiare il nostro popolo dalla guerra in modo permanente”. Hamas accusa Israele di aver sabotato la tregua, bloccando l’ingresso di aiuti umanitari e rifiutando di negoziare la seconda fase. Al-Qanou ha anche lanciato un appello alla Lega Araba e all’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, chiedendo “azioni urgenti” per fermare i bombardamenti, prevenire la carestia e porre fine all’assedio su Gaza. La posizione di Hamas resta chiara: il rilascio degli ostaggi restanti è subordinato a un ritiro completo delle truppe israeliane, una condizione che Netanyahu rifiuta categoricamente.
Il Nord di Gaza isolato
L’esercito israeliano ha annunciato una nuova stretta sulla Striscia, ripristinando il blocco sul nord di Gaza che aveva caratterizzato gran parte del conflitto prima della tregua. I palestinesi non potranno più spostarsi dal sud al nord attraverso la principale autostrada nord-sud, con l’accesso consentito solo verso sud lungo la strada costiera.
Cisgiordania: 19 arresti e tensioni crescenti
Non solo Gaza: anche in Cisgiordania la situazione si aggrava. Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, le forze israeliane hanno arrestato 19 persone in una serie di raid notturni. Cinque arresti sono avvenuti a Hebron, Dura e nel campo profughi di Fawwar, mentre altri 14 nel villaggio di Husan e nel campo di Dheisheh, vicino a Betlemme. A Husan, circa 20 persone sono state temporaneamente detenute e sottoposte a interrogatori descritti come “duri” prima di essere rilasciate.
Gli Houthi entrano in scena: missile su Ben Gurion
Gli Houthi, il gruppo yemenita appoggiato dall’Iran, hanno rivendicato un attacco missilistico contro Israele. “Le forze armate yemenite hanno condotto un’operazione militare di qualità prendendo di mira l’aeroporto Ben Gurion nella regione occupata di Jaffa con un missile balistico ipersonico Palestina 2”, ha dichiarato il loro portavoce giovedì 20 marzo 2025. Il missile, intercettato dall’IDF fuori dal territorio israeliano, ha comunque fatto scattare le sirene a Tel Aviv e Gerusalemme, seminando paura tra la popolazione.
Commenta con Facebook