La Russia ha guadagnato 93 miliardi di euro dalle esportazioni dei combustibili fossili durante i primi 100 giorni della guerra in Ucraina, la maggior parte dei quali ricevuti dall’Unione Europea.

Lo dice uno studio del Centro indipendente per la ricerca sull’energia e l’aria pulita (CREA), con sede in Finlandia, che è stato diffuso mentre Kiev invita l’Occidente a interrompere tutti gli scambi economici con la Russia.

Tra l’altro, all’inizio di questo mese di giugno, l’UE ha deciso di stoppare la maggior parte delle importazioni di petrolio russo, da cui il continente è fortemente dipendente. Sebbene il blocco miri a ridurre di due terzi le importazioni di gas, al momento non è previsto alcun embargo.

Stando allo studio, l’UE ha ricevuto il 61% delle esportazioni di combustibili fossili della Russia durante i primi 100 giorni di guerra per un valore di circa 57 miliardi di euro. I primi importatori sono stati la Cina con 12,6 miliardi di euro, la Germania (12,1 miliardi) e l’Italia (7,8 miliardi). I ricavi dei combustibili fossili della Russia provengono dalla vendita di petrolio greggio (46 miliardi), e poi da gasdotti, prodotti petroliferi, gas naturale liquefatto (GNL) e carbone.

Anche se le esportazioni russe sono crollate a maggio, con Paesi e società che hanno scelto di non rifornirsi dopo l’invasione dell’Ucraina, l’aumento globale dei prezzi dei combustibili fossili ha continuato a riempire le casse del Cremlino con i ricavi delle esportazioni che hanno raggiunto livelli record. Inoltre, alcuni Paesi hanno incrementato i loro acquisti da Mosca, tra cui Cina, India, Emirati Arabi Uniti e Francia.

“Dal momento che l’UE sta valutando sanzioni più severe contro la Russia, la Francia ha aumentato le sue importazioni fino a diventare il più grande acquirente di GNL al mondo”, ha affermato l’analista di CREA Lauri Myllyvirta. Infine, “la Francia sta deliberatamente decidendo di utilizzare l’energia russa sulla scia dell’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca”.

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