L’80% dei cittadini intervistati in 16 paesi europei si considera “preoccupato” dal fenoneno dell’immigrazione illegale. Ciononostante, una percentuale ancora superiore, fra l’86 e il 91% è cosciente del fatto che i migranti sono esposti al rischio di sfruttamento da parte del crimine organizzato o nel mondo del lavoro e soltanto il 20% degl intervistati considera la “chiusura totale delle frontiere” come una soluzione.

Sono questi alcuni dei risultati di una indagine internazinoale  realizzata all’inizio del 2017 in 16 paesi europei (Albania, Belgio,
Croazia, Repubblica Ceca, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Malta, Polonia, Portogallo, Macedonia, Romania, Serbia e Spagna) nell’ambito del progetto “Nuove forme di cittadinanza nell’era delle migrazioni”, realizzato dalla Fondazione Falcone con il supporto della Commissione Europea.

L’indagine è stata realizzata dall’Università di Palermo e dall’Università di Valmiera (Lettonia) coinvolgendo circa 3.800
cittadini. I risultati sono stati presentati a Valmiera nel corso di un seminario cui hanno preso parte rappresentanti di organizzazioni della società civile di tutti i paesi del progetto.

Obiettivo dell’indagine era quello di esplorare la percezione della migrazione nei paesi coinvolti, al fine di comprendere come la società civile può agire ed organizzarsi per prevenire e combattere fenomeni xenofobici e razzisti e per promuovere la cooperazione fra enti pubblici e privati.

L’indagine ha evidenziato anche elementi di grande differenza nella percezione delle migrazioni fra i cittadini dei diversi paesi.
Per esempio, solo l’1% dei portoghesi e degli spagnoli considera la chiusura delle frontiere come una soluzione, mentre questa è vista come la migliore soluzione dal 48% dei cittadini della Repubblica Ceca.

Un interessante aspetto dell’indagine riguarda la percezione della  relazione fra migrazioni e crimine organizzato. Mentre il 53% degli intervistati concorda sull’idea che il fenomeno migratorio comporti un aumento della criminalità, una percentuale
ancora più alta considera i migranti vittime della crimine. Il 61% degli intervistati infatti ritiene che le organizzazioni criminali
riescano a lucrare e a coinvolgere i migranti nelle proprie attività a causa della debolizza socio-economica e delle difficili condizioni di vita cui i migranti sono costretti in Europa.

E’ un dato che si accompagna con quelli relativi alla vulnerabilità di alcuni gruppi specifici di migranti: secondo il 60% del campione, le donne migranti sono a rischio di essere sfruttate; un po’ inferiore, il 51% è la percentuale di coloro che considerano lo sfruttamento del lavoro minorile dei bambini migranti come un fenomeno diffuso.

Un risultato certamente sorprendente arriva dalla domanda circa le priorità politiche che i governi nazionali dovrebbero affrontare. Infatti, secondo il 31% degli intervistati (la percentuale più alta) “limitare l’immigrazione” è una priorità politica che viene prima di “combattere il crimine organizzato” (20%), “Fermare la speculazione bancaria e finanziaria” (19%), “Difendere la libertà di espressione” (13%).

Per Michele Mannoia, ricercatore di Sociologia dei Processi Culturali che ha coordinato il gruppo dell’Università di Palermo coinvolto nella ricerca “abbiamo raccolto dati interessanti che dimostrano come sia opinione diffusa, oltre la relazione fra migrazione e criminalità, la vulnerabilità sociale dei migranti.

I dati della ricerca consentono anche di problematizzare altri aspetti salienti connessi al tema della percezione delle migrazioni e
di individuare differenze significative per paesi e per gruppi di età rispetto a opinioni, percezioni e conoscenze sul tema dello
sfruttamento dei migranti e sulla accettazione o meno di una società che, malgrado fili spinati e confini, si avvia inevitabilmente a  diventare sempre più multiculturale”.