Il picco dell’influenza del 2025 è sempre più vicino: quando arriverà e quanto sarà intenso? È questa la domanda che molti italiani si stanno ponendo mentre febbre, tosse e dolori muscolari continuano a diffondersi in tutto il Paese.
Secondo le informazioni disponibili, pur non essendo possibile prevedere con precisione il momento esatto, è ragionevole attendersi il picco dei casi tra la fine del 2025 e i primi giorni del 2026, dunque nell’arco di circa due settimane. Nel frattempo, i numeri delle persone colpite da infezioni respiratorie acute continuano a salire in modo costante.
I dati più recenti mostrano una crescita evidente dei contagi ma invitano anche a una lettura attenta per evitare inutili allarmismi. L’influenza c’è, circola in modo attivo e interessa tutte le fasce di età ma il quadro complessivo va interpretato nel suo contesto.
I numeri dell’influenza in Italia: cosa dicono i dati
I dati settimanali del sistema di sorveglianza RespiVirNet indicano che nei primi sette giorni di dicembre sono state circa 695 mila le persone colpite da infezioni respiratorie acute, con un aumento di circa 100 mila casi rispetto alla settimana precedente.
Dall’inizio del periodo di sorveglianza, avviato a ottobre, si contano circa 4 milioni di casi complessivi. Si tratta di infezioni respiratorie acute di varia natura, ma una quota sempre più rilevante è attribuibile ai virus influenzali.
Nella settimana compresa tra l’1 e il 7 dicembre, l’incidenza è stata pari a 12,4 casi ogni 1.000 assistiti, un valore in crescita rispetto ai giorni precedenti. Almeno un quarto dei nuovi casi è stato causato dai virus influenzali attualmente in circolazione.
Questi numeri confermano che la stagione influenzale ha ormai superato la fase iniziale e sta entrando in una fase di maggiore diffusione.
Il ruolo dei virus influenzali e la diffusione di A/H3N2
Tra i virus responsabili dei contagi, il tipo A/H3N2 risulta attualmente dominante in Italia. A questo sottotipo è attribuibile circa la metà dei casi di influenza registrati. Si tratta di un virus già noto ma che negli ultimi anni ha circolato meno rispetto ad altri ceppi. Proprio questa ridotta esposizione potrebbe aver contribuito a una minore copertura immunitaria nella popolazione, favorendo una diffusione più rapida. All’interno del tipo A/H3N2, desta particolare attenzione la cosiddetta “variante K”, un nuovo ceppo emerso nei mesi scorsi nell’emisfero Sud e diffusosi con grande rapidità.
Che cos’è la variante K e perché viene osservata con attenzione
La variante K del virus A/H3N2 si è distinta per la sua capacità di diffondersi velocemente. È stata associata all’allungamento della stagione influenzale nell’emisfero Sud, dove i contagi sono rimasti elevati per almeno un mese in più rispetto al consueto andamento stagionale.
Sulla base delle osservazioni internazionali, è stato segnalato che: ”Data la velocità e le dimensioni dei focolai di virus K in Australia e Nuova Zelanda e la rapida diffusione globale, è probabile che si espanderanno ulteriormente durante la stagione invernale nell’emisfero Nord”, con un invito ai Paesi a “essere preparati per il possibile aumento di pressione sui loro sistemi sanitari”.
La presenza del sottoclade K è stata confermata in tutti i continenti e rappresenta circa la metà delle sequenze analizzate tra maggio e novembre 2025. Le analisi di laboratorio hanno inoltre evidenziato una discrepanza tra il vaccino e questo nuovo sottoclade, indicando che i vaccini disponibili potrebbero risultare meno efficaci contro questa specifica variante.
Influenza in aumento, ma senza numeri anomali
L’andamento della stagione influenzale era stato in parte anticipato da quanto osservato nei mesi precedenti nell’emisfero Sud, in particolare in Australia, dove l’inverno è stato tra i più impegnativi degli ultimi anni. Anche in Europa l’influenza ha mostrato un inizio anticipato. Già a novembre, i dati indicavano una crescita rapida dei casi, con un’attività influenzale diffusa in molti Paesi.
Nonostante ciò, è importante sottolineare che in Italia, al momento, i numeri non vengono considerati anomali. L’aumento dei casi rientra in un quadro coerente con una stagione influenzale intensa, ma non fuori scala rispetto ad altre annate recenti. Anche a livello globale è stato confermato un avvio anticipato della stagione di circa quattro settimane, accompagnato però dalla rassicurazione che “questo non è insolito e le tendenze attuali sono simili a quelle osservate nella stagione influenzale 2022-2023”.
Chi si ammala di più: bambini e aree più colpite
L’analisi per fasce d’età mostra una tendenza ormai consolidata. I bambini sotto i 4 anni sono la categoria più colpita, con un’incidenza pari a 38 casi ogni 1.000, circa tre volte superiore rispetto alla popolazione generale. Questo dato conferma come i più piccoli siano particolarmente esposti ai virus respiratori, soprattutto nei mesi invernali e nei contesti di comunità.
Dal punto di vista geografico, le Regioni che registrano il maggior numero di infezioni sono:
- Lombardia
- Piemonte
- Emilia-Romagna
- Sardegna
Si tratta di aree caratterizzate da una forte densità abitativa o da una circolazione virale particolarmente attiva in questa fase della stagione.
I sintomi dell’influenza: come riconoscerla
Nonostante l’anticipo stagionale e la diffusione di nuovi ceppi, i sintomi dell’influenza restano quelli classici.
L’influenza si distingue dalle altre infezioni virali respiratorie per la presenza contemporanea di tre elementi principali:
- Febbre alta, spesso improvvisa, anche superiore ai 38°C
- Sintomi respiratori, come raffreddore, tosse o gola arrossata
- Sintomi sistemici, tra cui dolori muscolari e una stanchezza marcata
Questa combinazione consente di differenziare l’influenza da raffreddori o sindromi respiratorie più lievi, che tendono ad avere un decorso meno intenso.
Il peso della copertura immunitaria e dei vaccini
Uno dei fattori che potrebbe aver favorito la rapida diffusione dell’influenza in questa stagione è la dominanza del virus A/H3N2, che negli anni precedenti non era stato prevalente.
La conseguenza è che molte persone potrebbero non aver sviluppato una protezione immunitaria sufficiente, non essendo mai entrate in contatto recente con questo tipo di virus.
A questo si aggiunge il tema della copertura vaccinale, risultata più bassa soprattutto nelle fasce considerate più fragili, come gli over 65. La combinazione di questi elementi contribuisce a spiegare l’andamento osservato finora.
Cosa aspettarsi nelle prossime settimane
Tutti gli indicatori disponibili suggeriscono che le prossime due settimane saranno decisive, con la probabilità che si raggiunga il picco stagionale tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026.
Il numero di casi potrebbe continuare a crescere prima di stabilizzarsi e poi iniziare lentamente a diminuire, seguendo il tipico andamento delle stagioni influenzali.
L’attenzione resta alta, soprattutto per l’impatto sui servizi sanitari e per la circolazione di ceppi influenzali che mostrano una capacità di diffusione particolarmente efficace.
Lo sapevi che…?
- L’influenza stagionale può causare milioni di casi ogni anno anche quando i numeri non vengono considerati eccezionali.
- I bambini piccoli sono spesso il principale motore della diffusione, perché più esposti nei contesti scolastici e familiari.
- La circolazione di un virus poco presente negli anni precedenti può aumentare il numero di contagi proprio per la scarsa immunità pregressa.
FAQ – Domande frequenti sull’influenza 2025
- Quando è previsto il picco dell’influenza? Tra la fine del 2025 e i primi giorni del 2026.
- Quanti casi sono stati registrati finora? Circa 4 milioni di casi di infezioni respiratorie acute dall’inizio della sorveglianza.
- Qual è il virus dominante? Il virus influenzale A/H3N2, responsabile di circa metà dei contagi.
- Chi è più colpito? I bambini sotto i 4 anni mostrano l’incidenza più alta.
- I sintomi sono diversi dal solito? No, restano quelli tipici dell’influenza: febbre alta, sintomi respiratori e dolori muscolari.






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