Nella notte tra il 12 e il 13 giugno Israele ha lanciato un’operazione militare di vasta scala contro l’Iran, colpendo oltre 100 obiettivi, tra cui siti nucleari e basi militari, in quella che è stata definita da Tel Aviv un’azione preventiva per neutralizzare una “minaccia imminente”.

Secondo Effie Defrin, portavoce delle Forze di difesa israeliane (IDF), l’operazione, denominata “Rising Lion”, ha coinvolto 200 caccia e lo sgancio di oltre 330 munizioni di vario tipo, in un’azione descritta come “precisa e sincronizzata”. I raid hanno preso di mira infrastrutture militari, siti di produzione missilistica e, secondo fonti israeliane, strutture legate al programma nucleare iraniano.

Obiettivi strategici colpiti

L’attacco ha avuto un impatto devastante sulla leadership militare e scientifica iraniana. Tra le vittime confermate figurano Hossein Salami, comandante delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), Mohammad Bagheri, capo di Stato maggiore dell’esercito iraniano, e Gholamali Rashid, comandante del quartier generale Khatam-al Anbiya. Inoltre, sono stati uccisi due importanti scienziati nucleari, Fereydoon Abbasi, ex capo dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica, e Mohammad Mahdi Tehranchi, coinvolto nel programma nucleare.

Secondo l’agenzia di stampa iraniana Tasnim, altri tre scienziati nucleari sono stati eliminati, segnando un duro colpo per il programma atomico di Teheran. Le autorità iraniane hanno confermato che i raid hanno colpito anche aree residenziali a Teheran e Tabriz, con un bilancio iniziale di due morti e sei feriti nella città settentrionale.

La risposta di Teheran: “Nessun limite”

L’Iran ha reagito con toni decisi, promettendo una risposta senza precedenti. In una nota ufficiale, lo Stato maggiore delle forze armate iraniane ha dichiarato: “Ora che il regime terroristico che occupa Al-Quds ha oltrepassato ogni linea rossa… non ci sono limiti nella risposta a questo crimine”. Teheran ha già lanciato oltre 100 droni in direzione di Israele, alcuni dei quali intercettati in spazi aerei di Giordania, Siria e Arabia Saudita, secondo fonti militari israeliane. Il governo iraniano ha inoltre difeso il suo diritto a sviluppare capacità nucleari e missilistiche, sostenendo che “un regime così predatorio può essere affrontato solo con il linguaggio della forza”. L’Iran ha anche accusato gli Stati Uniti di complicità, affermando che i raid israeliani sono stati condotti attraverso lo spazio aereo iracheno controllato da Washington.

La posizione di Israele: una minaccia nucleare imminente

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha giustificato l’attacco come una necessità per “danneggiare l’infrastruttura nucleare, le fabbriche di missili balistici e le capacità militari dell’Iran”. Netanyahu ha sottolineato che l’Iran possiede uranio arricchito sufficiente per costruire 15 bombe nucleari in pochi giorni, una minaccia che Tel Aviv considera esistenziale. “Se non fermato, l’Iran potrebbe produrre un’arma nucleare in pochi mesi, meno di un anno. Questo è un pericolo chiaro e presente per la sopravvivenza di Israele”, ha dichiarato in un discorso televisivo. L’IDF ha confermato che i raid hanno colpito siti strategici, tra cui il complesso di arricchimento nucleare di Natanz, anche se l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) ha riferito che non sono stati registrati aumenti nei livelli di radiazioni nella zona.

Reazioni internazionali: condanne e appelli alla de-escalation

La comunità internazionale ha reagito con una miscela di condanne e appelli alla moderazione. Il ministero degli Esteri turco ha definito gli attacchi israeliani una “violazione del diritto internazionale” e una “provocazione” volta a destabilizzare la regione, esortando la comunità globale ad agire con urgenza. Hamas, il movimento palestinese, ha condannato i raid come una “pericolosa escalation” che riflette l’intenzione del governo di Netanyahu di “trascinare la regione in uno scontro aperto”. Anche l’Arabia Saudita ha espresso condanna, definendo gli attacchi una “palese violazione delle norme internazionali”. Nel frattempo, il primo ministro britannico Keir Starmer ha chiesto a tutte le parti di “fare un passo indietro e ridurre le tensioni con urgenza”, mentre il segretario di Stato americano Marco Rubio ha ribadito che gli Stati Uniti non sono stati coinvolti nei raid.

L’Italia segue con attenzione

In Italia, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni sta monitorando la situazione con la massima attenzione. Nel pomeriggio del 13 giugno, Meloni ha convocato una riunione in videoconferenza con i ministri chiave, tra cui il ministro degli Esteri Antonio Tajani, e i vertici dell’intelligence nazionale per valutare l’evoluzione della crisi. Tajani, intervenendo a “Mattino 5”, ha dichiarato: “Gli attacchi israeliani non credo siano conclusi, nei prossimi giorni ce ne saranno altri”. Ha aggiunto che Israele ha raggiunto i suoi obiettivi, colpendo basi nucleari e figure chiave del programma atomico iraniano, ma ha espresso preoccupazione per i 100 droni iraniani diretti verso Israele, alcuni dei quali abbattuti in Giordania. L’Italia, ha sottolineato Tajani, continua a lavorare per la de-escalation e la protezione dei cittadini italiani in Medio Oriente.