Nelle ultime 24 ore, il Medio Oriente è stato teatro di un’escalation militare senza precedenti tra Israele e Iran, con attacchi aerei e lanci di missili che hanno colpito obiettivi strategici e città densamente popolate. Le sirene d’allarme hanno squarciato la notte a Tel Aviv e Gerusalemme, mentre a Teheran esplosioni hanno illuminato il cielo sopra l’aeroporto e il quartiere dove risiede il leader supremo iraniano, Ali Khamenei.

Questo scontro diretto, il più grave tra i due Paesi negli ultimi decenni, ha alzato il livello di allerta globale, con appelli alla de-escalation da parte delle Nazioni Unite e crescenti timori per un conflitto regionale che potrebbe coinvolgere anche le basi militari Usa nella zona.

L’offensiva israeliana: operazione Rising Lion

L’esercito israeliano ha dato il via a un’operazione su larga scala denominata Operation Rising Lion, iniziata nella notte tra il 12 e il 13 giugno. Secondo quanto dichiarato dall’Israel Defense Forces (IDF), l’attacco ha coinvolto oltre 200 caccia che hanno colpito circa 100 obiettivi in Iran, tra cui siti nucleari, basi militari e figure chiave del regime. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha descritto l’operazione come un’azione necessaria per “eliminare la minaccia inaccettabile” rappresentata dal programma nucleare iraniano.

Tra i bersagli principali figurava il sito di arricchimento dell’uranio di Natanz, il più grande impianto di questo tipo in Iran. L’IDF ha confermato che “l’area sotterranea del sito è stata danneggiata”, colpendo sale di arricchimento, centrifughe e infrastrutture di supporto essenziali. Inoltre, sono stati eliminati alti comandanti militari iraniani, tra cui Hossein Salami, comandante in capo delle Guardie Rivoluzionarie (IRGC), Mohammad Bagheri, capo di stato maggiore delle forze armate, e Amir Ali Hajizadeh, comandante dell’aeronautica dell’IRGC. Secondo fonti iraniane, anche sei scienziati nucleari, tra cui Fereydoun Abbasi, ex capo dell’Organizzazione per l’Energia Atomica dell’Iran, sono stati uccisi nei raid.

“L’aeronautica israeliana continua a colpire decine di lanciamissili terra-terra in Iran”, ha dichiarato l’IDF in una nota ufficiale, sottolineando che l’operazione è ancora in corso. I comandanti israeliani Eyal Zamir e Tomer Bar hanno riferito che i caccia operano liberamente nei cieli iraniani dopo aver distrutto i principali sistemi di difesa aerea di Teheran, “spianando la strada” per ulteriori attacchi.

La risposta iraniana: missili su Tel Aviv

L’Iran non ha tardato a rispondere. Nella serata di venerdì 13 giugno, l’IRGC ha annunciato il lancio di “centinaia di missili balistici” verso obiettivi militari israeliani, tra cui basi aeree e centri di comando. Secondo l’agenzia di stampa iraniana Fars, le forze armate di Teheran hanno colpito “centri militari e basi aeree che hanno servito come fonte dell’aggressione criminale contro il nostro Paese”. L’IDF ha confermato che alcuni missili hanno raggiunto Tel Aviv, causando tre morti e circa 80 feriti, come riportato dal servizio di emergenza israeliano Magen David Adom.

Fonti delle Guardie Rivoluzionarie, citate dal New York Times, hanno rivelato che l’Iran intendeva lanciare fino a 1.000 missili in rappresaglia, ma i danni inflitti dalle forze aeree israeliane alle basi missilistiche iraniane hanno limitato l’attacco a circa 100 missili per ondata. Nonostante ciò, l’Iran ha promesso che gli attacchi “continueranno” e potrebbero estendersi a “tutte le aree occupate dal regime israeliano e basi militari americane nella regione”. Un ufficiale iraniano, citato da Fars, ha avvertito: “Questa azione sarà molto dolorosa e spiacevole per gli aggressori”.

Il ruolo degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti hanno dichiarato di non essere stati coinvolti direttamente negli attacchi israeliani, ma hanno confermato di aver assistito Israele nell’intercettazione dei missili iraniani. Un funzionario della difesa Usa ha detto a Newsweek: “Sì, gli Stati Uniti stanno aiutando a abbattere i missili diretti contro Israele”. Durante gli attacchi iraniani, le truppe Usa presso le basi di Union III a Baghdad e Al-Tanf in Siria sono state messe in stato di allerta e trasferite in bunker per circa un’ora.

Il futuro incerto del conflitto

Con entrambi i Paesi decisi a proseguire le operazioni militari, il Medio Oriente si trova sull’orlo di un conflitto più ampio. Israele ha richiamato i riservisti per rafforzare le posizioni al confine settentrionale, preparandosi a “possibili scenari” di rappresaglia. L’Iran, d’altra parte, ha nominato nuovi comandanti militari, tra cui Habibollah Sayyari come capo delle forze armate e Ahmad Vahidi come comandante dell’IRGC, segnalando la determinazione a continuare la lotta.

Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, citando il rapporto dell’IAEA, ha ribadito la necessità di evitare ulteriori escalation, sottolineando che “le osservazioni israeliane sono assolutamente fondate” riguardo alle violazioni nucleari iraniane. Tuttavia, con le due parti che si accusano a vicenda di aver oltrepassato ogni “linea rossa”, le prospettive di una soluzione diplomatica appaiono sempre più lontane.