Una svolta storica per i diritti dei detenuti in Italia: il Dap introduce i colloqui intimi in carcere, ma le carenze strutturali e le critiche sindacali sollevano interrogativi.

Il sistema penitenziario italiano si apre a una trasformazione epocale: il diritto all’affettività e alla sessualità dei detenuti, sancito dalla Corte Costituzionale, trova finalmente applicazione concreta con le nuove linee guida del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap).

I detenuti di sei istituti pilota, quindi, potranno avere colloqui intimi con coniugi o conviventi stabili, un passo verso l’umanizzazione della pena che, però, si scontra con ostacoli strutturali e polemiche sindacali.

Un diritto sancito dalla Consulta

Nel gennaio 2024, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 18 della legge sull’ordinamento penitenziario, che precludeva colloqui intimi senza controllo visivo, definendo tale divieto una violazione della dignità umana e del principio di rieducazione previsto dalla Costituzione. “Un vero e proprio diritto soggettivo”, hanno sentenziato i giudici, sottolineando l’importanza di garantire ai detenuti la possibilità di mantenere relazioni affettive, anche a carattere sessuale, salvo esigenze di sicurezza. La pronuncia, accolta come una svolta storica, ha spinto il Dap a elaborare linee guida operative, emanate l’11 aprile 2025, per rendere effettivo questo diritto.

Le regole dei colloqui intimi

Le nuove disposizioni prevedono incontri della durata massima di due ore, con una frequenza che può arrivare a sostituire i colloqui visivi ordinari, fino a sei volte al mese in alcuni casi. Gli incontri sono riservati a coniugi, partner uniti civilmente o conviventi stabili prima della detenzione, previa verifica dei requisiti da parte delle autorità penitenziarie. Le camere dedicate, arredate con un letto e servizi igienici, non potranno essere chiuse dall’interno per garantire la sicurezza, con sorveglianza esterna affidata al personale della Polizia Penitenziaria, adeguatamente formato.

Per mantenere elevati standard igienici, la biancheria sarà fornita dai visitatori e sottoposta a controlli, mentre le pulizie e la sanificazione saranno effettuate da detenuti selezionati per il lavoro interno. Prima e dopo ogni incontro, i locali saranno ispezionati per prevenire l’introduzione di oggetti non consentiti. La priorità sarà data ai detenuti senza permessi premio o benefici che consentano relazioni esterne, a chi sconta pene più lunghe e a chi è detenuto da maggior tempo, sempre previa valutazione della buona condotta e dell’assenza di rischi per la sicurezza.

Istituti pilota e carenza di spazi

La sperimentazione partirà in sei carceri: Brescia, Trento, Civitavecchia, Bologna, Secondigliano (Napoli) e Sollicciano (Firenze). Tuttavia, come ha evidenziato il ministro della Giustizia Carlo Nordio, solo 32 dei 189 istituti penitenziari italiani dispongono di spazi idonei, spesso previa costosi interventi di ristrutturazione. Gli altri 157 hanno dichiarato l’impossibilità logistica di adeguarsi. “Miracoli non ne possiamo fare”, ha commentato Nordio durante un question time alla Camera, sottolineando le difficoltà di un sistema carcerario segnato da anni di carenze infrastrutturali.

Per ovviare al problema, il Ministero ha ripreso il progetto MI MA (Moduli di Affettività e Maternità), avviato nel 2020 a Rebibbia con l’Università La Sapienza. Si tratta di strutture modulari in legno, economiche e funzionali, pensate per ospitare incontri intimi. L’obiettivo è estendere il modello ad altre carceri, valorizzando anche il lavoro dei detenuti nella loro costruzione. Tuttavia, la strada appare lunga e complessa, con tempi e costi che restano incerti.

Le esclusioni e i criteri di sicurezza

Non tutti i detenuti potranno accedere ai colloqui intimi. Sono esclusi coloro che si trovano in regime di 41-bis, i detenuti sorpresi con sostanze stupefacenti, telefoni cellulari o oggetti pericolosi, e chiunque manifesti comportamenti che possano compromettere la sicurezza dell’istituto. Le autorità penitenziarie valuteranno caso per caso, con un’attenzione particolare a prevenire abusi o situazioni di rischio. La videosorveglianza sarà attiva nelle aree adiacenti alle camere, e un sistema di allarme sonoro sarà installato per eventuali emergenze.

Le critiche del sindacato

L’introduzione dei colloqui intimi ha suscitato una dura reazione dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (Osapp), che ne ha chiesto l’immediato ritiro. Il segretario generale Leo Beneduci ha definito la direttiva “uno schiaffo in pieno volto ai poliziotti penitenziari e all’intero sistema carcerario italiano”. Le principali preoccupazioni riguardano l’assenza di protocolli specifici per la sanificazione e la prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili, oltre alla mancanza di personale medico specialistico. “Le ricadute in termini di degrado igienico-sanitario saranno devastanti”, ha dichiarato Beneduci, sottolineando le difficoltà di gestione in istituti già afflitti da sovraffollamento e carenza di risorse. “Chi controllerà le condizioni dei locali dopo ogni incontro? Con quali risorse si garantirà la pulizia in carceri dove manca persino l’acqua calda?”.