Centinaia di siciliani appartenenti alla rete dei comitati territoriali siciliani e della Confederazione Antudo hanno partecipato alla Marcia per il Clima e contro le grandi opere inutili indetta oggi a Roma. Una giornata di mobilitazione a cui hanno ritenuto importante aderire per manifestare il proprio netto dissenso al modello di sviluppo imposto dall’alto che distrugge i territori e la vita di chi li abita, un modello di sviluppo che in Sicilia assume tratti particolarmente preoccupanti e che si traduce in un vero e proprio modello coloniale.

“Attraverso la retorica del sottosviluppo, negli ultimi sessant’anni, multinazionali, aziende di Stato e grossi imprenditori, – si legge in una nota – hanno imposto la realizzazione di giganteschi poli industriali, mega discariche e inceneritori di rifiuti, trivelle e basi militari senza che la popolazione sia stata minimamente interpellata. Attraverso la promessa dello sviluppo, della crescita e della creazione di posti di lavoro, l’aria e il mare vengono inquinati, le falde acquifere avvelenate,gli animali e le piante endemici portati all’estinzione, i territori negati ai propri abitanti. All’iniziale crescita occupazionale è seguita la precarietà, la disoccupazione, l’emigrazione forzata.

Una promessa dunque tradita, fatta da chi era pienamente consapevole che non sarebbe mai stata mantenuta. Le uniche cose certe erano e restano il profitto, l’accumulazione, la valorizzazione per fini privati. Mentre i fondi pubblici vengono investiti per la realizzazione di mostri come il ponte sullo Stretto (simbolo della contraddizione che incarna il modello delle grandi opere, un opera che non è stata neanche iniziata grazie soprattutto alla lotta popolare costata, però, 300 milioni di euro in progetti), muos, trivelle, inceneritori, discariche, poli industriali le nostre scuole ci crollano addosso, gli ospedali siciliani chiudono e un semplice temporale uccide famiglie intere. Fondi che dovrebbero avere ben altra destinazione che è quella relativa alla messa in sicurezza dei territori e la qualità della vita dei cittadini. La rivolta del latte degli allevatori siciliani, inoltre, ci parla di un’ economia destinata a vedere scomparire i produttori locali che valorizzano la difesa del territorio, la salute e la qualità dei prodotti, a vantaggio dei grossi produttori e delle multinazionali che mettono al primo posto il profitto sfrenato.

E’ per tutti questi motivi che oggi i siciliani sono qui, per ribadire un secco no alle opere inutili e imposte dall’alto e chiedere la messa in sicurezza del territorio subito! Sono le comunità a dover stabilire cosa realmente serve nei territori che abitano”.