Da quando in Italia è scoppiato il Coronavirus è iniziata la caccia a mascherine e gel disinfettanti. (Di questi ultimi vi abbiamo dato la ricetta diffusa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per prepararla in casa).

Oggi la domanda di questi prodotti ha superato l’offerta e, di conseguenza, l’emergenza sanitaria è diventato il campo della speculazione. Gli sciacalli, facendo leva sulla paura delle persone, riescono a fare i maggiori profitti.
Sono gli “spacciatori di mascherine e disinfettanti” e proliferano da nord a sud. In questi giorni la Guardia di Finanza ha messo a segno perquisizioni che hanno fatto emergere guadagni da capogiro intorno al business dei presidi medici.

Business messo in piedi attraverso l’uso di pubblicità, veicolate soprattutto attraverso i social, di mascherine del tutto inutili spacciate per barriere efficaci contro il Sars-Cov2. Facebook e Instagram sono corsi ai ripari mettendo al bando ogni annuncio commerciale che riguarda questi prodotti. Per arginare il fenomeno, sono stati introdotti anche dei pop-up che rimandano ai siti del Ministero della Salute e dell’Oms per invitare ad informarsi in modo responsabile.

Ma i rimedi casalinghi non si arrestano. Tutorial e guide di ogni sorta su come difendersi dal virus spendendo pochi euro, stanno facendo il giro degli smartphone. L’invenzione low-cost più gettonata è la mascherina con la carta da forno, ma sta circolando sul web – e con un successo paradossalmente grande – una trovata ancor più bizzarra, ovvero l’utilizzo della coppa del reggiseno a difesa delle vie respiratorie. C’è chi ne conferma l’efficacia con tanto di spiegazioni e chi, ovviamente, prende in giro.
In questo marasma di notizie false e verità parziali ma manipolate che ci bombardano senza sosta, la soluzione è fermarsi e prendersi del tempo per capire come stanno le cose. Prendiamo in esame  i vari tipi di mascherine e analizziamone funzione e utilità specifica.

Partiamo dalle più comuni: le mascherine chirurgiche. Questo tipo di mascherine monouso usate nelle sale operatorie servono per limitare la trasmissione di germi e batteri dal personale sanitario ai pazienti. Pertanto proteggono dalla possibilità di contagiare gli altri, non di essere contagiati. La loro funzione è limitare la normale fuoriuscita delle goccioline di saliva, quando parliamo, starnutiamo o tossiamo, trattenendole nel tessuto. Ma poiché i batteri non hanno tutti le stesse dimensioni, queste mascherine non riescono a filtrarli tutti. Alcuni inevitabilmente si propagheranno nell’aria.

Con i virus la cosa si complica. Questi microorganismi sono persino 10 volte più piccoli dei batteri, quindi per loro è molto più semplice farsi strada attraverso la mascherina chirurgica, sia in entrata che in uscita. Inoltre, non coprono in maniera integrale il viso e, soprattutto, gli occhi rimangono esposti al contagio. Anche le mucose degli occhi infatti sono un canale di accesso dei virus.

Quindi le mascherine chirurgiche non servono? Decisamente no se si vuole proteggere se stessi, ma possono in qualche modo fare comodo a chi è infetto. Un colpo di tosse è in grado di sparare particelle di saliva a diversi metri di distanza e la mascherina chirurgica in ogni caso riduce la gittata e fa in modo che i germi non scappino così lontano dalla nostra bocca.

Ma come ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “le mascherine usate in ambito medico non possono proteggere dal nuovo coronavirus, quando sono usate da sole. Sono efficaci soltanto se usate in combinazione col frequente lavaggio delle mani con acqua e sapone o sostanze alcoliche”. Sempre l’Oms aggiunge che va indossata solo se si hanno sintomi di un raffreddore, quali tosse o starnuti, o se ci si sta prendendo cura di una persona con sospetta infezione da Covid-19. Il falso senso di sicurezza mentre indossiamo la mascherina potrebbe addirittura aumentare il rischio di contagio in quanto ci porta ad abbassare il livello di guardia. Si potrebbe ad esempio sentirsi più tranquilli nell’avvicinarsi ad altre persone o a portarsi le mani al viso.

Quanto alle mascherine anti-smog comuni, anch’esse sono diffusissime ma altrettanto vane per chi le indossa pensando di proteggersi. Essendo progettate per filtrare solo smog e alcuni batteri, non forniscono alcuna protezione dal virus, alla stregua delle mascherine chirurgiche.

Infine esistono le maschere respiratorie indicate come DPI (dispositivi di protezione individuale) sottoposte ad un rigido sistema di certificazione. Queste maschere ermetiche sono dotate di una valvola capace di filtrare l’aria che respiriamo trattenendo le particelle dannose, quali polveri sottili, fumi, vapori, batteri e virus a seconda del loro potere filtrante. Le mascherine FFP1 filtrano il 72% dell’aria, mentre le FFP2 e le FFP3 filtrano rispettivamente il 92% e il 98%. Le FFP2 e le FFP3 sono le uniche a fornire un’efficace protezione dal Coronavirus a patto che si seguano le istruzioni di fabbrica.