Dopo le minacce subite da Giorgia Meloni su Twitter in merito alla questione del reddito di cittadinanza, il centrodestra si è scagliato soprattutto contro Giuseppe Conte, leader del MoVimento 5 Stelle, che spesso ha sottolineato pubblicamente che si rischiano disordini sociali se il Governo dovesse colpire il sussidio voluto dai pentastellati.

Innanzitutto, a margine di un incontro a Torino, Conte ha detto: “Voglio esprimere la ferma condanna delle minacce arrivate alla premier e a sua figlia. Vi è da parte mia la ferma condanna di questi gesti assolutamente esecrabili. Bisogna stare vicino alle istituzioni. Del resto io so cosa significa perché quando ero presidente del Consiglio ho ricevuto tante minacce durante gli anni della presidenza e durante l’emergenza pandemica. Dunque una condanna senza se e senza ma”.

“Chi ci accusa è in malafede”

Poi, intervistato dal Corriere della Sera, l’ex premier si è difeso dagli attacchi: “Chi ci accusa è in malafede. È una polemica strumentale. Con il Movimento cerchiamo di interpretare il disagio delle persone e di offrire delle risposte. Il reddito di cittadinanza nasce da questa consapevolezza della necessità di un sistema di protezione sociale”.

“Smantellare il reddito di cittadinanza significa aggravare la difficoltà, la frustrazione delle persone – ha aggiunto Conte – Accusare noi di fomentare un clima d’odio è un’azione di sciacallaggio che non ha neppure nessun fondamento logico”.

“Meloni durante la mia presidenza usò parole insultanti e forti nei miei confronti, lo stesso Crosetto le usa adesso. Meloni nei miei riguardi si è espressa con un labiale che non è mai stato chiarito. Veniamo insultati e addirittura ci vogliono imputare delle minacce. Mi sembra un meccanismo completamente capovolto”, ha proseguito.

E ancora: “Noi siamo radicali ma sui principi e sui valori. Quanto alle modalità di interpretare sul disagio sociale siamo costruttivi. Noi non poniamo l’accento solo sul reddito di cittadinanza: ne facciamo un problema di sistema. Parliamo delle paghe da fame e quindi del salario minimo, parliamo di un ceto medio impoverito a sostegno del quale occorreva un taglio del cuneo fiscale più sostanzioso, siamo contro il precariato selvaggio che impedisce di coltivare progetti di vita e che fa precipitare nell’incertezza soprattutto donne e giovani”.

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