Vincenzo Saveriano, sostituto procuratore generale di Roma, ha chiesto 14 anni per Antonio Ciontoli, e 9 anni e 4 mesi per i figli Martina Ciontoli e Federico Ciontoli e per la moglie Maria Pezzillo.
La richiesta è arrivata alla fine della requisitoria nel corso del processo bis in Corte d’Appello per l’omicidio del 21enne di Cerveteri Marco Vannini (fidanzato di Martina), avvenuto nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 da un colpo di pistola nella casa dei Ciontoli a Ladispoli.
Nel dettaglio, il sostituto procuratore generale ha chiesto per Antonio Ciontoli il riconoscimento del reato di omicidio volontario con dolo, mentre per i familiari il concorso in omicidio volontario con dolo eventuale, in subordine a 9 anni e 4 mesi per lesioni volontarie piene.
Il sostituo PG, durante la requisitoria, ha affermato: «Antonio Ciontoli in merito alla potenza della sua arma, la calibro 9, disse che era capace di sfondare la carrozzeria di una macchina, e ci vuole far credere di aver pensato che il proiettile si fosse fermato al braccio?».
Il giovane sarebbe morto non solo per il colpo di pistola ma anche per il ritardo, oltre un’ora, con cui sono stati chiamati i soccorsi e per cui sarebbero responsabili ogni membro della famiglia Ciontoli, come rimarcato dal Pg.
La famiglia avrebbe agito in quel modo per «nascondere i fatti per la paura che Antonio Ciontoli potesse perdere il posto di lavoro, condannando a morte il povero Marco, un ragazzo di 20 anni. Martina si trovava nel bagno e ha visto tutto ma dice all’infermiere del 118 di non sapere cosa fosse accaduto».
Anche la moglie Maria Pezzillo, nonostante Marco fosse considerato «persona di famiglia, lei in ospedale, mentre Marco stava morendo, si preoccupava del rischio che il marito correva di perdere il posto di lavoro».
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