Il maiale, si sa, è tabù per alcune religioni, tipo l’islam, ma non soltanto, i cui seguaci stanno diventando sempre più numerosi in Italia; ma la carne di porco è anche la base di moltissime pietanze della cucina tradizionale di tante regioni italiane. Qualcuno si pone il problema di trovare una mediazione tra culture diverse, nel nome dell’accoglienza. Come l’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, che in vista dell’ormai prossima festa patronale di san Petronio, il 4 ottobre, ha proposto di preparare il piatto tipico del capoluogo emiliano, i tortellini, con il ripieno di carne di pollo, anziché di maiale (tra mortadella, lombo e prosciutto). Proprio nel nome dell’accoglienza. Sia chiaro, non sarà sostitutivo, ma il tortellino dell’integrazione accompagnerà, affiancherà, quello della tradizione, della identità, di Bologna “la grassa”.
L’iniziativa dell’arcivescovo, che è l’unico italiano insignito della porpora cardinalizia da Papa Francesco, un paio di mesi fa, se è piaciuta a politici e intellettuali “progressisti”, ha scatenato invece un diluvio di reazioni contrarie, nelle diverse tonalità dello stupefatto, dell’incredulo, dell’offeso e dell’indignato, tra i bolognesi doc, quelli che il pollo, nella sua forma di cappone, lo usano per fare il brodo nel quale si cuoce il tortellino, secondo la ricetta tradizionale. Sì, perché il tortellino muore nel brodo, non nel sugo o nel ragù; al massimo, nella panna. Le pagine social dei giornali che hanno pubblicato la notizia, il Resto del Carlino e il Corriere della Sera edizione di Bologna, sono stati letteralmente sommersi dai commenti inferociti dei lettori che vedono offeso, oltraggiato, stravolto il loro piatto storico, il vanto della loro cucina. Va bene l’integrazione, ma il pollo, proprio no!
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