Partita da Milano, si è già allargata a macchia d’olio in tutta Italia (Sicilia compresa) la protesta dei tabaccai vicino ai tribunali, sul piede di guerra contro i pagamenti digitali del contributo unificato (ossia la tassazione per le spese degli atti giudiziari) e la “dematerializzazione” delle marche da bollo.

Il perchè della protesta

Il pagamento telematico del contributo unificato è stato reso obbligatorio per la prima volta dalla normativa emergenziale del Covid e poi prorogato. In particolare, il decreto legislativo 149/22, il provvedimento che attua la riforma del processo civile, ha previsto l’obbligatorietà per i procedimenti davanti al giudice ordinario dallo scorso primo gennaio.

Il perimetro si allargherà fra qualche giorno anche alle cause dinanzi al giudice di pace di Milano: “Dal primo marzo 2023, il contributo unificato dovrà essere corrisposto mediante pagamento telematico. Allo stesso modo, dal 1° marzo 2023, il diritto di anticipazione forfettaria, il diritto di copia, il diritto di certificazione e le spese per le notifiche a richiesta dell’ufficio dovranno essere corrisposte unicamente mediante il pagamento telematico PagoPa” si legge in una news dell’ufficio del giudice di pace di Milano.

In pratica, prima gli avvocati si recavano dai tabaccai per pagare queste imposte per le spese degli atti giudiziari. Adesso invece devono accedere alla piattaforma telematica .Il risultato, secondo loro,  è una perdita secca per l’intera categoria dei tabaccai, il dimezzamento del valore dell’attività, senza alcun indennizzo da parte dello Stato.

Gravi perdite

Il giro d’affari legato ai contributi unificati non è secondario: “La mia tabaccheria è passata dall’introitare, tra marche e contributi unificati, 250mila euro a circa 60mila euro al mese – dice un tabaccaio milanese – Se parliamo delle tre tabaccherie vicino al Tribunale il conto supera un milione di euro. La nostra provvigione è intorno al 4/5%, quindi la perdita di utile si aggira per quel che mi riguarda attorno a circa 100mila euro all’anno. E non solo: le attività hanno dimezzato il loro valore. Quando l’ho acquistata nove anni fa attraverso un mutuo la mia tabaccheria valeva 520mila euro: oggi neanche 250mila euro”.