Donald Trump rilancia la sua ambizione di annettere la Groenlandia, tra minacce di forza militare e tensioni diplomatiche con la Danimarca.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non molla il suo sogno: annettere la Groenlandia, un’isola remota ma strategicamente cruciale, al territorio americano. In un’intervista concessa a Nbc, Trump ha dichiarato con fermezza: “Otterremo la Groenlandia. Sì, al 100 per cento”, lasciando poco spazio a dubbi sulle sue intenzioni.
La sua visione, accompagnata dalla recente visita del vicepresidente James David Vance a una base militare sull’isola, ha acceso una miccia diplomatica con la Danimarca, che considera il territorio autonomo parte integrante del proprio regno.
Trump e il piano per la Groenlandia: sicurezza o ambizione personale?
Non è un mistero che Trump veda la Groenlandia come una pedina fondamentale nel grande scacchiere internazionale. “C’è una buona possibilità che potremmo farcela senza ricorrere alla forza militare, ma non escludo nulla dal tavolo”, ha detto a Nbc, rispondendo con il suo tipico pragmatismo a chi gli chiedeva come intende procedere. Ma qual è il vero obiettivo? “Non ci penso molto. Non mi interessa molto”, ha aggiunto, prima di chiarire: “La Groenlandia è un argomento molto diverso. È la pace internazionale. È la sicurezza e la forza internazionale. Ci sono navi che salpano dalla Groenlandia dalla Russia, dalla Cina e da molti altri posti. E non permetteremo che accadano cose che danneggino il mondo o gli Stati Uniti”.
La posizione dell’isola, a cavallo tra Nord America ed Europa, la rende un avamposto cruciale per monitorare le rotte dell’Artico, sempre più ambite con lo scioglimento dei ghiacci. Inoltre, le sue riserve di terre rare – minerali essenziali per la tecnologia moderna – rappresentano un tesoro economico che nessuna potenza vuole lasciarsi sfuggire. Per Trump, controllare la Groenlandia significa rafforzare la supremazia americana in una regione contesa da rivali come Russia e Cina, ma il prezzo potrebbe essere un’alleanza storica con la Danimarca.
Vance in azione: una visita che fa discutere
Il 28 marzo, il vicepresidente James David Vance ha messo piede nella base americana di Pituffik (ex Thule), nel nord della Groenlandia, un’installazione militare che dal 1951 testimonia la cooperazione tra Usa e Danimarca nell’ambito della Nato. Ma il tono della visita non è stato affatto conciliante. “Il nostro messaggio alla Danimarca è molto semplice: non avete fatto un buon lavoro nei confronti del popolo della Groenlandia”, ha dichiarato Vance, accompagnato da alti funzionari come il segretario all’Energia Chris Wright e il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz.
L’accusa è chiara: Copenaghen avrebbe trascurato la difesa dell’isola, lasciando i groenlandesi vulnerabili alle mire di potenze straniere. Vance ha dipinto un futuro roseo sotto la protezione americana: “I groenlandesi starebbero meglio sotto l’ombrello di sicurezza degli Stati Uniti”.
Eppure, la visita – ridotta da tre giorni a poche ore dopo le proteste di Nuuk – è sembrata più una provocazione che un gesto diplomatico. La base di Pituffik, con i suoi radar e sistemi di sorveglianza, è già un simbolo della presenza Usa, ma Trump e Vance sembrano voler alzare la posta, sfidando apertamente l’autorità danese.
La Danimarca risponde: “Non siamo ostaggi di Washington”
Le parole di Vance hanno trovato una replica immediata. Il 29 marzo, il ministro degli Esteri danese Lars Løkke Rasmussen ha diffuso un videomessaggio durissimo: “Siamo aperti alle critiche, ma non apprezziamo il tono con cui vengono espresse. Non è così che ci si rivolge agli alleati”. Rasmussen ha riconosciuto che l’Artico non è più una regione “a bassa tensione” – un cambiamento dovuto alla crescente militarizzazione di Russia e Cina – ma ha difeso la sovranità danese sulla Groenlandia. “Siamo disponibili a discutere con Washington di una maggiore presenza militare, ma nel rispetto della nostra storica cooperazione”, ha aggiunto, citando gli accordi Nato che regolano l’uso di Pituffik.
Le relazioni tra Usa e Danimarca, già tese dopo le prime avances di Trump nel 2019, sono precipitate ai minimi storici. La premier Mette Frederiksen, che dal 2 aprile visiterà la Groenlandia per tre giorni, ha definito la pressione americana “inaccettabile”. “Nutro un profondo rispetto per il modo in cui il popolo e i politici groenlandesi stanno gestendo la grande pressione che grava sulla Groenlandia”, ha dichiarato, annunciando incontri con il nuovo primo ministro groenlandese Jens-Frederik Nielsen. Frederiksen punta a rinsaldare i legami con l’isola, promettendo “unità” e “cooperazione basata sul rispetto e sull’uguaglianza”.
La Groenlandia si ribella: “Non siamo una merce”
Al centro della disputa c’è il popolo groenlandese, che non sembra intenzionato a diventare una pedina nelle mani di Trump. L’ex premier Mute Egede, prima di lasciare l’incarico, aveva denunciato un’”interferenza straniera” da parte degli Stati Uniti. “Con quello che il presidente americano ha detto e fatto, non vogliamo essere così vicini agli Usa”, aveva scritto su X il 10 marzo. Un sentimento condiviso dalla popolazione: un sondaggio di inizio 2025 rivela che l’85% dei groenlandesi rifiuta l’annessione americana, pur aspirando a una maggiore indipendenza dalla Danimarca.
Le proteste sono esplose il 16 marzo a Nuuk, con centinaia di persone in piazza contro le mire di Washington. “Make America Go Away”, recitava uno striscione. La visita di Vance ha riacceso la rabbia: “È surreale”, ha raccontato un abitante al quotidiano locale Sermitsiaq. “Vance può venire come turista, non come conquistatore”, ha aggiunto una giovane groenlandese, Cora Høy, a Euronews. La base di Pituffik, lontana 1.500 chilometri dalla capitale, è un ricordo costante della presenza Usa, ma i groenlandesi chiedono rispetto per la loro autonomia.
Un risiko artico: tra Nato, risorse e rivalità globali
La vicenda Groenlandia mette a rischio l’unità della Nato, già messa alla prova dalle ambizioni di Trump. Gli accordi del 1951 garantiscono agli Usa un foothold militare sull’isola, ma il presidente sembra voler trasformare questa collaborazione in dominio. “Se questo significa assumere maggiori interessi territoriali in Groenlandia, è quello che faremo”, aveva detto Vance a Fox News a febbraio, alimentando le paure di Copenaghen.
Intanto, l’Artico si conferma un terreno di scontro globale. Lo scioglimento dei ghiacci apre rotte commerciali e accesso a risorse strategiche, attirando Cina e Russia. “Se gli Usa non si interessano alla Groenlandia, lo faranno altri”, ha avvertito Vance da Pituffik. Ma la strategia americana – che oscilla tra diplomazia aggressiva e minacce – potrebbe alienare un alleato chiave come la Danimarca, lasciando spazio a nuove alleanze nell’emisfero nord.
Immagine: Grok.
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