Quando il corpo entra in contatto con un virus, sviluppa anticorpi specifici in grado di riconoscerlo. Questo è alla base del principio della vaccinazione e dell’immunizzazione progressiva, che consiste nello ‘scommettere’ sul fatto che la maggior parte della popolazione quando entra in contatto con il virus, viene gradualmente protetta, facendo così scomparire la malattia.

«Quando il 60% della popolazione viene infettata dal virus, il tasso di riproduzione (numero di persone infettate da un paziente, n.d.r.) scende a 1 e l’epidemia non si diffonde più», ha spiegato il matematico ed epidemiologo Jean-Stéphane Dhersin sul sito 20minutes.fr. A meno che non ci sia una mutazione, come nel caso del virus dell’influenza stagionale, è impossibile di norma essere infettati due volte. Tuttavia, non ci sono ancora prove che il SARS-CoV-2 sia mutato e che, qundi, potrebbe determinare una seconda ondata di contaminazione.

Però, vari media hanno riportato il caso di pazienti che nuovamente infettati dal coronavirus. Ad esempio, il sito cinese Caixin ha riportato che il 25 febbraio scorso il 14% delle persone guarite dal Covid-19 in una città del Guangdong erano state nuovamente testate come positive. In Giappone il governo ha riportato il caso di un paziente che è stato curato in ospedale e testato positivo diverse settimane dopo.

In realtà, come si legge su Futura-Sciences.com, non si tratterebbe di una reinfezione ma piuttosto di un’infezione prolungata. La rivista scientifica The Lancet ha riportato che la carica virale nel corpo può durare fino a 37 giorni. Un’altra ipotesi è il fallimento dei test. Infatti, la sensibilità dei test di screening per PCR (mediante analisi RNA) sarebbe compresa tra il 53% e l’88%. È possibile, poi, che i campioni siano stati archiviati in modo errato o che la carica virale sia insufficiente per essere rilevata.

Inoltre, sono stati rassicuranti i risultati di uno studio cinese condotto su macachi reinfettati con il virus SARS-CoV-2 dopo la scomparsa di una prima infezione: nessuna scimmia ha sviluppato sintomi della malattia, suggerendo così che «un’infezione primaria protegge dal virus».

Quanto dura l’immunità?

Resta da vedere quanto dura l’immunità acquisita. Secondo uno studio pubblicato nel 2007 sulla rivista Emerging Infectious Diseases e relativo all’epidemia di SARS in Cina nel 2003, il livello degli anticorpi specifici resta stabile per circa due anni, prima di scendere drasticamente nel terzo anno «il che suggerisce che la reinfezione sarebbe possibile dopo tre anni». Tuttavia, non è stato segnalato nessun caso di paziente già affetto da SARS-CoV1 e che si è ammalato successivamente. Il livello di anticorpi non è in effetti un indicatore affidabile del rischio di infezione perché alcune persone possono essere immunizzate senza che vengano rilevati gli anticorpi specifici.

La migliore garanzia per proteggersi da Covid-19, quindi, rimane lo sviluppo di un vaccino, sperando che il SARS-CoV-2 nel frattempo non muti.