Lo sgambetto spaccatesta ha già un nome che inquieta. Figuriamoci se prendiamo in considerazione il termine inglese da cui deriva: The Skull-Breaker Challenge, il ‘rompi-teschio’. Si tratta di un fenomeno assurdo e pericoloso che, nato sui social meda (soprattutto su TikTok), prevede la presenza di tre persone in piedi, l’una accanto all’altra, che sembrano pronte a saltare insieme. In realtà, chi sta a destra e a sinistra hanno come ‘scopo’ di fare uno sgambetto a chi si trova al centro mentre salta. Il risultato è facilmente immaginabile: perdita di equilibrio e crollo a terra con il rischio concreto di farsi molto male, trauma cranico compreso.
Di seguito un esempio, tagliato nel finale, condiviso su Twitter come monito:
This is the skull breaker challenge. Please please PLEASE don’t do this 🙏🏼🙏🏼🙏🏼 People have died from this (I cut the video I received from another mum)
Why do kids do these stupid things 😣 pic.twitter.com/WNgn2HcPTp
— ♔ Jennifer ♔ (@britishchickAD) February 14, 2020
È facile, quindi, intuire perché questo ‘challenge’ stia preoccupando e non poco (che ha anche un altro nome: la sfida del salto) e, purtroppo, è arrivato anche in Italia. Insomma, non c’è niente di divertente. Dipende come si cade, chi salta può procurarsi danni anche gravi. Non solo un trauma cranico ma anche un urto potenzialmente disabilitante alla colonna vertebrale.
Di certo, però, Facebook prenderà dei provvedimenti, come già successo nel 2016 nel caso del Blue Whale Challenge (un percorso che poteva concludersi con il suicidio), quando collaborò attivamente sia per rimuovere i contenuti che per promuovere campagne di prevenzione.
Lo sgambetto spaccaossa, inoltre, può classificarsi come autolesionismo e, quindi, passibile di eliminazione a priori dai social media con maggiore controllo (ma non è dato sapere se questo valga anche per TikTok, social network cinese, che sta avendo una crescita esponenziale anche in Europa).
Infine, lo sgambetto spaccaossa può essere un ‘metodo’ usato dai bulli per costringere i più deboli ad accettare di partecipare, pena l’emarginazione. In questi casi è fondamentale agire, soprattutto a scuola.
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