Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, a SkyTg24, ha commentato la storia di un bambino di Nembro (Bergamo), sospetto positivo al coronavirus, che attende un tampone da sette giorni, costringendo così i genitori a stare a casa e a non andare a lavoro.

Galli ha detto: «Non è possibile dover attendere tanti giorni per la risposta di un test, e nemmeno risolvere il problema a carico delle persone dicendo di stare a casa per 14 giorni, senza nessun tipo di test o indagine ulteriore».

L’esperto, poi, a proposito dell’ipotesi di ridurre i giorni di quarantena, come già fatto in altri Paesi, ad esempio in Francia, ha detto: «Di fronte a una malattia in cui più di un terzo delle persone infette rimane asintomatico, non ha senso continuare con l’indicazione dell’OMS, più politica che scientifica, dei 14 giorni, perché sono il tempo di incubazione massimo. Chi non ha sintomi viene dato per non infettato. Questo è stato detto tenendo conto dei numerosissimi Paesi al mondo che non erano in grado di fare test, ma spero che l’Italia oggi non debba essere messa nel novero dei Paesi che non sono in grado di fare test per tempo. Bisognerebbe riconsiderare la questione delle quarantene, inserendo la possibilità di procedere a test, magari rapidi».

«I test rapidi antigenici sono gravati da qualche problema di sensibilità, ma tutti i tamponi lo sono, anche quelli classici. Si è cominciato a usarli un po’ ovunque, credo bisognerebbe avere il coraggio di prendere in mano la situazione. Questo però significa avere anche delle presenze all’interno delle scuole e un potenziamento importante della medicina territoriale, in grado di fare e leggere rapidamente questi tamponi», ha concluso.

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