Andrea Crisanti, finito nell’occhio del ciclone dopo avere dichiarato che, se il vaccino dovesse arrivare a gennaio, non se lo somministrerebbe, ha ribadito il concetto a SkyTg24: «Sulle basi delle conoscenze che abbiamo oggi non mi farei il vaccino. Se dovessero rendere pubblici i dati e la comunità scientifica ne validasse la bontà me lo farei, non ho alcun dubbio su questo».

Il direttore del laboratorio di microbiologia dell’Università di Padova ha proseguito: «È una questione di trasparenza: se si vuole generare fiducia bisogna essere trasparenti. Più gli scienziati lamentano assenza di informazioni e più la pretendono, più la gente si fida. Possibile che non si capisca questo meccanismo? La trasparenza genere un bene inestimabile: la fiducia. Questa levata di scudi che c’è stata è assolutamente irragionevole, perché non ho detto che non mi farò il vaccino, ma semplicemente che è necessario che tutti nella comunità scientifica abbiano accesso ai dati grezzi. In questo modo facciamo il vaccino tutti quanti, senza nessun timore e alcun retropensiero».

Per Crisanti, inoltre, «l’obbligatorietà del vaccino credo non si debba prevedere. Più persone faranno il vaccino, più si avranno dati a disposizione, più saremo sicuri che non ha effetti collaterali importanti. Non esiste da nessuna parte che un vaccino che passa per un processo accelerato diventi obbligatorio. Ci si assumerebbe delle responsabilità gigantesche».

Poi l’attacco a Nicola Magrini, direttore dell’AIFA, da cui Crisanti è stato criticato: «Dovrebbero chiedere scusa perché hanno approvato il Remdesivir in modo frettoloso. Chiedessero loro scusa di questo, che è molto più importante».

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