Tra la fine del 2018 e quest’anno a Verona sono morti quattro neonati (Leonardo a fine 2018, Nina nel novembre 2019, Tommaso a marzo di quest’anno e Alice il 16 agosto scorso).

Tutta colpa del citrobacter che si sarebbe annidato in un rubinetto dell’acqua utilizzata dal personale della terapia intensiva neonatale dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento per darla ai neonati insieme al latte. Altri nove bambini oggi sono celebrolesi e, in tutto, il batterio ne ha colpiti 96.

Così è riportato nella relazione di una delle due commissioni nominate dalla Regione Veneto, anticipata dal Corriere del Veneto. Si tratta di quella «esterna», coordinata da Vincenzo Baldo, ordinario di Igiene e Sanità pubblica all’Università di Padova. L’altra relazione, invece, sarà consegnata alla Procura della repubblica di Verona ed è stata redatta da membri interni all’amministrazione regionale.

Il citrobacter, quindi, avrebbe colonizzato il rubinetto a causa forse di un mancato o parziale rispetto delle misure d’igiene (come il lavaggio frequente delle mani, il cambio dei guanti a ogni cambio di paziente o funzione, l’utilizzo di sovrascarpe, sovracamici, calzari e mascherina). Ma non solo perché un altro errore sarebbe stato quello di ricorrere all’acqua del rubinetto e non all’acqua sterile.

I primi controlli erano stati avviati a gennaio ma poi interrotti a causa dell’emergenza coronavirus. L’intero reparto di Ostetricia – Punto nascite, Terapia intensiva neonatale e Terapia intensiva pediatrica – è stato riaperto oggi, martedì 1 settembre, dopo che il 12 giugno scorso il direttore generale dell’Aou veronese, Francesco Cobello, ne aveva disposto la chiusura, procedendo alla totale sanificazione degli spazi.

Sarà la Procura, comunque, a dovere individuare eventuali responsabilità. Al momento, però, non ci sono indagati.

Articoli correlati