Un grande concerto dedicato a Ravel, che parte con la Pavane pour une infante défunte e si conclude con il celeberrimo, trascinante Boléro. Domani, giovedì 7 dicembre alle 20.30 al Teatro Massimo di Palermo, un grande appuntamento della stagione concertistica: sul podio Gabriele Ferro, direttore musicale del Teatro Massimo e raffinatissimo interprete di Ravel; al pianoforte Roberto Cominati, pianista ospite dei grandi Teatri di tutto il mondo.
Il concerto parte con Pavane pour une infante défunte, composta nel 1899 nella versione per pianoforte e poi rielaborata per orchestra nel 1908. La pavana è una danza di corte molto diffusa tra la fine del Cinquecento e il Seicento: qui Ravel ne fornisce una versione che presenta tutta la solennità della corte del Re Sole. L’organico orchestrale è ridotto, archi, legni e due ingredienti fondamentali per il sapore del brano: il corno e l’arpa. Pochi anni prima, nel 1891, Oscar Wilde aveva pubblicato la raccolta di racconti “La casa dei melograni”, dove è compreso anche “Il compleanno dell’Infanta”. L’atmosfera opulenta e solenne del racconto di Wilde si ritrova nella Pavane di Ravel.
Segue il Concerto in Sol per pianoforte e orchestra, dove l’inizio del primo movimento, Allegramente, evoca il suono particolare del gamelan giavanese, suono ottenuto mischiando il pianoforte all’ottavino e agli archi. Si sentono poi, quando interviene il clarinetto, anche echi dei suoni jazz che Ravel aveva ascoltato nel corso della fortunata tournée negli Stati Uniti d’America del 1928. In quell’occasione Ravel conobbe George Gershwin: il compositore francese conosceva già la Rapsodia in blu, e quando l’americano gli chiese lezioni di composizione, pare che abbia risposto: “Perdereste la grande spontaneità della vostra melodia per fare del cattivo Ravel”.
Scritto “nello spirito di quelli di Mozart e di Saint-Saëns”, il compositore definiva il Concerto in Sol come leggero e brillante, senza aspirazioni alla profondità o agli effetti drammatici. Mozart infatti è per Ravel l’esempio inarrivabile di una musica di bellezza assoluta, di perfetta purezza, ma mai noiosa. In programma poi Ma mère l’Oye, un altro esempio di come Ravel partendo da una composizione per pianoforte proceda poi a orchestrarla. Nel 1910 per i figli di una coppia di amici, aveva composto una raccolta di semplici pezzi per pianoforte a quattro mani ispirata alle fiabe. Nel 1911, aggiungendo un preludio e orchestrando i pezzi, ne trae un balletto, mentre la suite per orchestra rispetta l’elenco dei brani della raccolta per pianoforte. Proprio dalle “Histoires ou contes du temps passé, avec des moralités” di Perrault viene il titolo Contes de ma mère l’Oye (I racconti di mamma Oca).
Chiude concerto il Boléro, composto nel 1928 durante una breve vacanza marittima a Saint-Jean-de-Luz. La danzatrice Ida Rubinstein da tempo gli chiedeva un balletto. Una mattina gli si presenta un motivo: il compositore lo suona al pianoforte, vi trova un che di “ostinato”, decide di “riprenderlo parecchie volte senza sviluppo, solo cercando di graduare il più possibile l’ingresso degli strumenti”. Nasce così il Boléro: due misure di introduzione, con un ritmo incalzante e costante e una melodia di sedici misure che si ripetono incessanti, prima passando da uno strumento all’altro, poi provando combinazioni di strumenti. Inizia il flauto, poi clarinetto, fagotto, via via tutti i legni, infine gli archi. Sarà la sua opera più celebre.
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