Per tutti sarà un hotspot, per il sindaco orlando solo una struttura di assistenza temporanea per l’identificazione. Di fatto allo Zen di Palermo potrebbe presto aprire un centro migranti per il trasferimento di chi sbarca a Palermo allo scopo di evitare le lunghe permanenze sulla banchina del porto e i ntrasferimenti altrove durante le seguenti procedure della Commissione prefettizia per l’individazione degli aventi diritto al titolo di rifugiati.

La delibera è andata ieri in Consiglio comunale ed ieri sera è stato il sindaco a precisare che non si tratterà di un hotspot ma il tentativo di Orlando non è bastato a spegnere le polemiche.

“Aprire un Hotspot allo Zen di Palermo è una scelta insensata e pericolosa – dicono Erasmo Palazzotto, deputato siciliano di Liberi e Uguali e Gandolfo Albanese, segretario provinciale di Sinistra Italiana Palermo -. Pericolosa perché posizionare un centro di questa natura in una periferia che avrebbe bisogno di ben altri interventi per rispondere ai grandi problemi di esclusione sociale che i cittadini di quel quartiere vivono quotidianamente, rischia di alimentare tensioni sociali e fenomeni di razzismo e xenofobia. Insensata perché sono luoghi di detenzione e di privazione di libertà e quindi in contrasto con la vocazione di una città che ha fatto della cultura dell’accoglienza un tratto distintivo della propria identità”.

“Palermo in questi anni – continuano – ha dimostrato che si possono accogliere migliaia di persone nel rispetto della dignità umana, dei diritti e della tolleranza senza creare inutili tensioni sociali, sposando il modello di un’accoglienza diffusa che ha favorito processi di integrazione, grazie anche alla straordinaria interazione tra la pubblica amministrazione e le reti della società civile. Ci opporremo a questa imposizione da parte del governo nazionale e regionale con ogni mezzo e facciamo appello al Sindaco Leoluca Orlando affinché impedisca l’apertura del centro allo Zen, vero e proprio sfregio alla città”.

“La nostra contrarietà all’istituzione dell’hotspot a Palermo non è negoziabile e lo diremo in tutte le sedi in cui saremo chiamati a manifestare il nostro dissenso contro tale scelta dissennata: nelle commissioni consiliari, in Consiglio comunale, nelle piazze e alla Regione – dicono i consiglieri di Sinistra Comune Giusto Catania, Barbara Evola, Katia Orlando, Marcello Susinno -. Nei prossimi giorni chiederemo un incontro all’Assessore Regionale al Territorio ed Ambiente, Toto Cordaro, per spiegare che non si possono sperperare sette milioni di euro per un intervento invasivo in un territorio come lo Zen, che avrebbe ben altre priorità”.

“L’accoglienza dei migranti è un principio di civiltà: sulla tutela dei diritti fondamentali della persona non ci possono essere margini di ambiguità né sono ammesse deroghe al nostro decennale impegno politico e sociale.
Non è importante il nome che verrà attribuito alla struttura prevista a Fondo San Gabriele allo Zen; in ogni caso tale luogo è pensato per attuare politiche di criminalizzazione delle persone con un modello di trattenimento che induce alla clandestinizzazione. Confidiamo nel fatto che il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, faccia sentire, formalmente, la sua contrarietà ad un’opera surrettiziamente presentata come d’interesse nazionale. Tale impianto è contrario allo spirito e alla lettera della Carta di Palermo, oltre che essere in deroga agli strumenti urbanistici e ai vincoli paesaggistici”.

“Non permetteremo – concludono – al governo nazionale e regionale di fare questo sfregio alla città di Palermo che, invece, vuole continuare ad essere un modello per le politiche di accoglienza nel mondo”.

Ma il sommovimento non riguarda soltanto la politica. Il Laboratorio Zen Insieme fa sapere di apprendere “con stupore la notizia della volontà di costruire un Hotspot nei terreni del fondo San Gabriele e annuncia sin da ora la sua ferma opposizione al progetto.

“La nostra – dichiarano dall’associazione in una nota – non è una pura e semplice istanza nimby (not in my back yard), nonostante si tratti proprio di terreni adiacenti allo Zen 2, ma la difesa dei diritti di tutte e tutti che è alla base del nostro agire quotidiano e che non vogliamo vengano violati all’interno di strutture che poche garanzie offrono a chi vi è “ospitato”. L’hotspot, insomma, finirebbe per aggiungere ingiustizia ad ingiustizia, marginalità a marginalità”.
“Contribuendo – prosegue la nota – a generare, in un territorio che si è assunto l’impegno di migliorare e che sta cominciando a farlo, conflitti e paure di cui davvero non abbiamo bisogno. Ci spiace constatare che le priorità, anche nella spesa, siano diverse da quelle che proviamo a portare all’attenzione anche per il nostro quartiere: si sblocchi la spesa per il piano periferie piuttosto”.
Anche per l’Arci questa scelta  “rappresenterebbe un’insopportabile ferita per la nostra città, che è sempre riuscita a caratterizzarsi per un discorso sulle migrazioni che sfuggisse ai populismi ed alla demagogia. Le finalità di questa struttura sembrano del tutto sovrapponibili ad un hotspot, ed è già accaduto in altre città – come Messina – che strutture simili siano sorte e solo successivamente alla loro attivazione siano state fatte rientrare in questa categoria di centri. Gli hotspot sono un elemento fondante di una politica che criminalizza le migrazioni e la loro attivazione ha corrisposto ad un colossale arretramento nella garanzia dei diritti minimi alle persone che sbarcano. Un approccio che vìola i diritti delle persone e che crea i problemi che dice di risolvere, clandestinizzando fasce sempre più ampie delle persone che arrivano, che vengono abbandonate con un foglio di via dopo poche ore dallo sbarco o, al contrario, trattenute ben oltre i limiti di legge”.
“La resistenza della nostra comunità all’hotspot è un elemento non solo simbolico ma anche fortemente concreto, perché nelle strutture già attivate non viene consentito a soggetti indipendenti di verificare il rispetto delle leggi e della dignità umana. Arci Palermo non accetterà questa ferita e si coordinerà con tutti gli altri soggetti organizzati della città per ostacolarne l’apertura, che appare tra l’altro un colossale sperpero di denaro pubblico. Il Ministero degli Interni, anziché aprire nuove strutture hotspot, si occupi di verificare i tempi e le procedure della Questura di Palermo che, ad esempio, oltre ad essere fra le più lente nella gestione delle richieste di asilo, prosegue a richiedere il passaporto come requisito per ottenere la protezione sussidiaria, nonostante più pronunce dei tribunali, di fatto bloccando il progetto di vita di molte persone che hanno ricevuto una forma di protezione”.