Il 5 giugno scatteranno i licenziamenti se non sarà trovato un accordo, ma dal vertice al ministero dello Sviluppo economico in corso in queste ore a Roma non giungono notizie rassicuranti per il il futuro dei 2988 lavoratori di Almaviva che rischiano il posto, 1670 soltanto a Palermo. Il clima è rovente al tavolo collettivo a cui stanno prendendo parte, oltre al viceministro Teresa Bellanova, i rappresentanti dei governi regionali interessati, i vertici di Almaviva e i sindacati.

A rendere la vertenza di difficile soluzione è la posizione rigida assunta dall’azienda, che intende procedere ai licenziamenti dopo il fallimento del referendum sottoposto dai sindacati ai dipendenti di Almaviva col quale hanno detto ‘no’ al dimezzamento delle ore lavorative e, conseguentemente, delle retribuzioni.  Quindi i vertici di Almaviva non sono disposti a chiedere al governo l’attuazione degli ammortizzatori sociali in assenza di “concrete soluzioni strutturali”. Ossia nuove commesse.

L’intenzione del viceministro Bellanova per salvare i lavoratori e dare tempo al governo di regolare il settore, sarebbe invece di far partire gli ammortizzatori sociali che per Almaviva sarebbero: sei mesi di contratti di solidarietà di tipo B, seguita da un anno di cassa integrazione e da altri 18 mesi di ammortizzatori con le stesse caratteristiche della cassa integrazione guadagni, finanziati da un fondo residuale istituito dalla legge Fornero.

La trattativa appare quindi, ancora una volta, in fase di stallo e in contemporanea prosegue lo protesta dei lavoratori che oggi hanno scioperato e organizzato sit-in nelle tre città interessate ai tagli, Palermo, Roma e Milano, dove sono in corso presidi davanti alle prefetture e al palazzo di via Molise, nella capitale.

 

 

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