- “Antigone, le voci”, lo spettacolo a Palermo il 18 e 19 dicembre
- Drammaturgia e regia di Gigi Borruso
- Il progetto ha coinvolto gli abitanti del rione palermitano Danisinni
Sabato 18 dicembre alle ore 18:00 allo Spazio Tre Navate dei Cantieri Culturali alla Zisa debutta “Antigone, le voci”, drammaturgia e regia di Gigi Borruso.
In scena 25 attori e attrici
Una riscrittura moderna del mito portata in scena da 25 attrici e attori, con scene e costumi realizzati da studenti del corso di Scenografia per il Teatro dell’Accademia di Belle Arti di Palermo. La riscrittura di Gigi Borruso, prende spunto liberamente dall’Antigone di Sofocle e da quella di Brecht, guardando alle diverse forme di contestazione sociale del nostro tempo.
Vari registri espressivi
Un impianto originale che introduce nuovi personaggi, a partire da Pagghiazzu e Paghiazza, custodi senza tempo, malinconici e visionari, di un Teatro che ogni volte rinasce dalle proprie ceneri. La messa in scena sperimenta vari registri, dal drammatico al grottesco, dal comico al surreale.
Le voci degli abitanti di Danisinni
“Le voci “sono quelle degli abitanti del rione palermitano di Danisinni intervistati durante la fase di studio e ricerca teatrale, che ha permesso di raccogliere preziose testimonianze che saranno portate in scena. Un’esperienza che ha messo ancora una volta in contatto il teatro con le persone, dando vita a un dialogo di grande interesse sui temi della coscienza individuale dinanzi alle leggi dello Stato, sulle dinamiche del dominio e sulla ribellione, sul ruolo delle donne all’interno delle famiglie, sulla loro azione nelle relazioni del quartiere e nella mediazione dei conflitti. Tutti temi che il mito di Antigone porta con sé da più di duemila anni. E fra le voci registrate che si intrecceranno alla recitazione, la vicenda passa attraverso un manicomio e un carcere, per raccontare l’eco di pezzi di vita del passato e del presente.
Il mito di Antigone a Danisinni
Il mito di Antigone è stato oggetto di lavoro di DanisinniLab già a partire dalla primavera 2019, quando con il progetto “Antigone casa per casa” brani del dramma di Sofocle sono stati portati all’interno delle case, tra i vicoli, la piazza e le taverne di Danisinni. Il sopraggiungere della pandemia ha interrotto questo processo, ripreso nell’autunno 2021 grazie alla collaborazione tra l’Accademia di Belle Arti di Palermo, il Museo Sociale Danisinni e il suo laboratorio di teatro di relazione e di comunità, DanisinniLab (diretto da Gigi Borruso), confluendo in un nuovo progetto didattico e di spettacolo che coinvolge gli allievi del Corso di Scenografia per il Teatro del biennio seguiti dalle docenti Valentina Console (scenografia per il Teatro) e Liliana Iadeluca (scenotecnica).
Replica il 19 dicembre, modalità di ingresso
Prima assoluta il 18 dicembre alle ore 18:00 allo spazio Tre Navate dei Cantieri Culturali alla Zisa, con replica il 19 dicembre alla stessa ora. Il progetto dell’Accademia di Belle Arti di Palermo in collaborazione con il Laboratorio teatrale DanisinniLab, è promosso dal Comune di Palermo. Ingresso gratuito, fino a esaurimento posti, nel rispetto delle normative anti covid vigenti.
Il mito di Antigone e i dilemmi del nostro tempo
La tragedia di Sofocle, forse tra le più indagate e rappresentate del ‘900 e del teatro contemporaneo, continua a fornire suggestioni e spunti intorno a diversi dilemmi del nostro tempo, con adesioni a ideali morali moderni. “Lo stesso acceso dibattito intorno al tema dei migranti – racconta Gigi Borruso -, che ha visto negli ultimi tempi l’emanazione da parte di diversi Stati europei di leggi che negano alcuni diritti fondamentali della persona, a cominciare dal riconoscimento della loro identità, del diritto a una condizione di cittadinanza, ha rievocato, anche nelle cronache giornalistiche, il mito di Antigone e il suo più radicale interrogativo: quali circostanze impongono alla nostra coscienza la disobbedienza civile?”.
Il corpo e un altro mondo possibile
La rappresentazione di un’umanità che si scontra con la legge della città ritenuta ingiusta, e nell’opposizione sperimenta il sentimento della disobbedienza, in una stringente metafora sul tema del corpo, della sua morte e della sua sacralità. Il corpo è il tempio in cui si consuma un conflitto tragico, in cui l’uomo sperimenta il senso della propria transitorietà, del suo essere impronta effimera. “Antigone sa che il corpo è sacro, ce lo rammenta da duemila anni, si creda o meno in un aldilà – dice Gigi Borruso nella sua nota di regia -. Sa che la morte del corpo è l’unica verità, l’unica cornice entro la quale la vita acquista il suo senso. Antigone compie il suo gesto di ribellione e fa testimonianza con il suo corpo che un altro mondo è possibile”. Il riscatto trova possibilità nel dialogo con la morte, e più in generale nello spazio della parola. Il processo della tragedia, nella riscrittura di Borruso, si sviluppa anche intorno al potere taumaturgico della parola, in quelle visioni dell’istantaneo e narrazioni della contemporaneità affidate alle voci registrate dei cittadini di Danisinni che sentiremo sul palco. Restituzioni dell’oggi, vissuti dolenti, o ancora speranze, proiezioni, paure, storie di una storia di comunità, quella di un piccolo rione nel cuore di Palermo con un passato difficile, di deprivazione e isolamento, da cui si cerca e costruisce riscatto, anche attraverso l’arte. Testimoni come Antigone che un altro mondo è possibile.
Note di regia di Gigi Borruso
Al centro del dramma il tema corpo, della sua morte e della sua sacralità.
Il corpo è per un teatrante il medium attraverso cui si manifestano le molteplici anime che abitano in noi, attraverso cui scorre la corrente vitale delle generazioni precedenti, delle donne e degli uomini che incontriamo, della vita di cui ci nutriamo e del futuro che immaginiamo. Antigone sa che il corpo è sacro, ce lo rammenta da duemila anni, si creda o meno in un aldilà. Sa che la morte del corpo è l’unica verità, l’unica cornice entro la quale la vita acquista il suo senso. La sua “ossessione della morte” – ciò di cui è accusata da chi la circonda – è quanto di più umano resiste al fondo della nostra coscienza, è in realtà amore per la vita stessa. La società dei consumi si affanna ad oscurare la morte, i corpi e – così come Creonte oltraggia i corpi dei nemici caduti – nega loro ogni sacralità. È vero che il nostro tempo non fa che esibire i corpi attraverso i suoi media, ma li esibisce pornograficamente, non li ama, li trasforma piuttosto in oggetti di consumo. Antigone ci chiede: come si fa ad amare senza la consapevolezza della morte? C’è amore possibile fuori dall’orizzonte della morte che ci separerà dal corpo di chi amiamo? Direi che chi penetra questa verità è in teatro. Com’è in teatro, per sempre viva, Antigone, che della morte non ha paura. Chi ha paura della morte, chi calcola economicamente i propri gesti, in realtà è già morto. E il teatro lo può fare chi è vivo. Lo può fare solo chi ha la gioia di esserci per quello che è e che non è. Antigone compie il suo gesto di ribellione e fa testimonianza con il suo corpo che un altro mondo è possibile.
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