La pace fu siglata tra zio e nipote lo scorso 5 settembre nella riunione della famiglia in contrada Judeca a Butera (Cl). Pietro Badagliacca e il nipote Gioacchino firmarono una tregua dopo mesi di dissidio a causa dell’eredità di Gaetano Badagliacca morto nel 2020.

Duro scontro tra zio e nipote

Durante l’incontro ci fu un duro scontro tra lo zio e il nipote. Quest’ultimo aveva rimproverato lo zio di avere più volte sbagliato nelle questioni legate alla famiglia e di avere fatto entrare nel dirimere alcune faccende, come la gestione di un parcheggio, a quelli dei Pagliarelli. Alla fine dopo una lunga conversazione dai toni molto accesi alla quale hanno preso parte anche Pasquale Saitta e Michele Saitta oltre che Angelo Badagliacca, figlio del capo mafia Pietro, si arrivò alla pacificazione.

Per un momento lo stesso Gioacchino legato ai “nobili principi” di cosa nostra e non ai “piccioli” (soldi) aveva pensato di fare un passo indietro e lasciare l’organizzazione. Dopo quattro ore di discussione Pietro dice a Gioacchino “Abbracciami sono qua”; “Sangue mio, sangue mio”. Ma per suggellare la pace, nel corso delle intercettazioni viene ricostruita la volontà di uccidere un architetto.“Io mi devo levare qualche scaglia, ma è una cosa mia personale – diceva Gioacchino Badagliacca – io gli devo scippare la testa, ma questa è una cosa mia… ma sarà l’ultima cosa che faccio perché te l’ha raccontato lui che è truffardo?… ti verrebbe il cuore se lo vedessi morire anzi ti faccio un altro favore a te”.

La prudenza iniziale di zio Pietro

Lo zio Pietro all’inizio era più prudente: “… qua non si possono fare questi discorsi… stai sbagliando Gioacchino ci sono delle azioni che si fanno e che possono portare a delle conseguenze… le forze dell’ordine aumentano i controlli… se è uno che in un altro posto e non lo possiamo fare, se uno da noi altri tu devi dirlo… devi vederlo dobbiamo vedere com’è, non è che ti parte lo vai a fare”.

L’irruenza del nipote “Io lo devo ammazzare vero non per scherzo”

Gioacchino rilanciava: “… io lo devo ammazzare vero non per scherzo”. Lo zio abbandonava l’inziale ritrosia: “… ti prometto una cosa davanti a mio figlio, anche se c’è il pro e il contro l’ammazzo io all’architetto prima di morire te lo ammazzo prima di morire te lo ammazzo io”. L’architetto avrebbe commesso un errore nella mancata sanatoria di un immobile in via delle Mimose, nella parte alta di corso Calatafimi. Al figlio di Gioacchino, mentre il padre era detenuto, era stato notificato un ordine di demolizione. Covava la rabbia. Una volta tornato in libertà voleva punire con la morte il professionista.