Sono un centinaio tra Regione, Comuni, Liberi consorzi, città metropolitane, per parecchie migliaia di lavoratori. Sono le Partecipate che operano in Sicilia, dal mondo dei rifiuti a quelli dei trasporti e dell’energia, per richiamarne alcune, per le quali, entro il 31 dicembre, dovrà essere svolta una “ricognizione” con l’obiettivo dell’individuazione delle società e delle quote da dismettere.

È un obbligo legato all’entrata in vigore anche in Sicilia, per tanti versi, del testo unico varato con il decreto legislativo 175 del 19 agosto. Per ricordare qualche altro aspetto della riforma nazionale, è prevista l’elaborazione di “elenchi” nazionale e regionale, per la gestione del personale coinvolto. Che d’ora in poi gli amministratori delle società a controllo pubblico non possano essere dipendenti delle pubbliche amministrazioni controllanti o vigilanti. Ancora, che i consigli d’amministrazione delle Partecipate debbano essere composti tenendo conto dell’equilibrio di genere, nella misura di almeno un terzo. E che le società a partecipazione pubblica, esattamente come le società private, sono soggette alle disposizioni sul fallimento e il concordato preventivo.

È la riforma Madia della pubblica amministrazione che, riguardo alle Partecipate, estende i propri effetti pure sull’Isola alla luce dell’articolo 23 del decreto legislativo. Ma non solo. In forza di sentenze della Corte costituzionale su casi analoghi, come la 229/2013; del dato secondo cui il tema delle società pubbliche non attiene alla competenza esclusiva regionale. E anche in forza dell’intesa Stato-Regione del giugno scorso con la quale, in cambio del versamento di 1,5 miliardi (già incassati), la Regione s’è impegnata a dare corso nell’Isola alla riforma delle società partecipate, in tutto o in parte. “È l’altra tessera del mosaico che riguarda la riforma della contabilità pubblica”, commentano alla Cisl con riferimento alle recenti norme in tema di contabilità e, tra l’altro, all’obbligo che grava ora sui Comuni di redigere bilanci consolidati, a partire dal primo gennaio 2017.

La Cisl al tema, ha dedicato stamani un dibattito che è stato introdotto da Riccardo Compagnino, esperto di contabilità pubblica e consulente del sindacato per le politiche finanziarie e di bilancio; concluso da Mimmo Milazzo, segretario generale regionale. E la cui relazione d’apertura è stata svolta da Nicola Tonveronachi, commercialista toscano, esperto di revisione contabile e formazione presso enti pubblici e società partecipate. Il forum è stato, per il sindacato, l’occasione per lanciare un altolà. E avanzare una proposta. L’avvertimento, con riguardo alle migliaia di dipendenti delle società pubbliche: “Invochiamo estrema cautela e attenzione alle tutele di legge”, afferma Milazzo. Aggiungendo che “pensiamo a una commissione permanente sindacati-Anci-Regione che affronti nel miglior modo, congiuntamente, l’impatto enorme che, sull’economia e la società dell’Isola, avrà il primo testo unico nazionale per il settore”.

E Compagnino: “Il decreto legislativo introduce, per la prima volta, il concetto di ‘crisi d’impresa’ anche per le Partecipate. È un passaggio rilevante, e gravido di conseguenze”. Quali? Secondo Tonveronachi, sono rilevanti. Tanto che, “in base all’articolo 25, le società a controllo pubblico, entro sei mesi dall’entrata in vigore delle nuove norme, dovranno fare una ricognizione del personale eventualmente eccedente. L’elenco dovrà essere trasmesso alla Regione che, a sua volta, dovrà agevolare i processi di mobilità”.

Unica Partecipata siciliana che il testo unico nazionale lascia fuori dall’ambito di applicazione delle nuove norme, l’Irfis che, assieme ad altre 34 società a controllo pubblico, è parte dell’elenco contenuto nell’allegato A del decreto 175. Un’eccezione che conferma la regola: l’applicazione al macrocosmo delle società pubbliche che operano in Sicilia, delle norme volute dal Governo nazionale.