Stop alla fiera dell’ipocrisia nella vicenda degli aumenti di stipendio da quasi 900 euro ai deputati Ars. Tutti sapevano da settimane che nei conti interni dell’Ars c’era l’aumento e tutti sapevano che la revisione degli emolumenti era prevista dalla legge. Allo stesso modo tutti hanno detto sì o comunque non si sono opposti fino a quando la vicenda non è venuta a galla finendo sui giornali.

La ricostruzione

A ricostruire il percorso che ha portato all’aumento degli stipendi è il deputato Pd Nello Dipasquale “L’adeguamento delle indennità dei deputati Ars in base all’aumento del costo della vita indicato dall’Istat non è stato deciso dal Consiglio di presidenza ma è frutto di una previsione di legge del 2014. Quella legge prevede che l’indennità sia soggetta ad adeguamento secondo la variazione dell’indice Istat del costo della vita. Tutti i deputati erano a conoscenza di quei numeri dal momento che il bilancio interno dell’Assemblea è stato votato dall’Aula”

Di fatto solo chi non voleva saperlo non lo sapeva. Era tutto nelle carte e nessuno si è opposto

C’è chi ha fatto finta di nulla e chi vota senza sapere cosa approva

“Il Consiglio di presidenza non ha deciso nulla – chiarisce Dipasquale – e quelle somme inserite nei capitoli di bilancio erano ben visibili a tutti, anche a chi oggi gioca allo scaricabarile, a meno che qualcuno non vada in Aula e voti con gli occhi chiusi e senza conoscere i documenti”.

Una legge per abrogare gli aumenti

Ora si parla di riproporre una norma simile a quella già bocciata dall’aula a scrutinio segreto, che abroghi la legge del 2014 nella parte in cui dispone l’adeguamento al costo della vita degli stipendi dei Parlamentari,. Ma la norma richia di seguire la stessa sorte della prima volta ed essere bocciata, magari a scrutinio segreto. La maggioranza che vulole gli aumenti, infatti, è trasversale ed ha fautori in tutti i partiti.

Possibile la rinuncia individuale

Per uscire dall’ombra c’è un modo più semplice, immediato e che non prevede voti: la rinuncia individuale che farebbe anche emergere dall’ombra favorevoli e contrari. Insomma direbbe chiaramente chi prende l’aumento e chi no.

Dipasquale lo dice chiaramente: “Basta demagogia. I deputati che intendono rinunciare all’adeguamento possono farlo depositando la rinuncia formale agli uffici”.

E per dimostrare la fattibilità il deputato lo ha già fatto subito, prima ancora che emergesse la polemica  e adesso lo ribadisce “chi avesse voluto avrebbe potuto rinunciare all’aumento, così come ho fatto io martedì 7 febbraio con una nota agli uffici”.

Un altro pezzo di polemica è servito nella vicenda relativa agli adeguamenti Istat delle indennità dei parlamentari di Palazzo dei Normanni.

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